Barbacetto Gianni

Una storia italiana

Pubblicato il: 12 Aprile 2023

Volendo proprio essere magnanimi col Cavaliere – e con ogni suo appassionato elettore – potremmo definire “Una storia italiana” di Gianni Barbacetto il racconto di un imprenditore e presidente del Consiglio estremamente distratto, oppure estremamente smemorato.

Sì, perché Barbacetto, con questo suo volume, intenzionalmente ha riprodotto pari pari la copertina e il titolo dell’opuscolo elettorale berlusconiano del 2001, prendendosi la briga di integrare ad una ad una tutte le smemoratezze contenute appunto nell’originaria ed agiografica “Storia italiana” ad opera dello staff di Berlusconi; oltre ovviamente di raccontare quelle vicissitudini successive al 2001 che però, a quanto pare, vengono perennemente dimenticate sia dalla molto cosiddetta opposizione politica, sia dalla maggioranza degli elettori italiani. I motivi di queste amnesie non li conosciamo. Possiamo soltanto supporre che in Italia l’onestà intellettuale, oltre ovviamente l’onestà tout court, non sia propriamente al centro degli interessi nazionali. Tant’è “Una storia italiana” versione Barbacetto torna su diversi fatti fino ad ora volutamente dimenticati e rimossi, complici le omissioni dei media asserviti all’establishment, rimanendo semmai nell’immaginario di milioni di italiani la storia del geniale self-made man che, malgrado l’ostilità dei poteri forti e di una magistratura in mano ai bolscevichi, ha costruito onestamente un impero immobiliare, guidato al trionfo una società calcistica, sbaragliato il monopolio Rai; ed infine, infondendo ottimismo e fiducia, ha fondato dal nulla un partito vincente, anticomunista e quindi assolutamente liberale.

Di fatto il pregio di “Una storia italiana” versione Barbacetto è quello di aver condensato in un unico volume tutte le gesta del Cavaliere, quelle incredibilmente meno ricordate dalla “grande” stampa – ma, per usare le parole di Ennio Flaiano, sappiamo che “se i culi dei potenti italiani fossero di carta vetrata i giornalisti in gran maggioranza sarebbero senza lingua” – che purtroppo, proprio per la tortuosità delle vicende giudiziarie e finanziarie, richiederebbero una grande attenzione. Attenzione che, in tutta evidenza, in questi ultimi trent’anni non c’è mai stata veramente, non fosse altro che Berlusconi ha sempre calibrato le sue campagne elettorali su un pensiero forse non del tutto sbagliato: “Uno studio corrente dice che la media del pubblico italiano rappresenta l’evoluzione mentale di un ragazzo che fa la seconda media e che non sta nemmeno seduto nei primi banchi” (Berlusconi, 9 dicembre 2004). Fortunatamente Barbacetto è riuscito a rendere intellegibili, in poco meno di trecento pagine, la maggior parte delle vicende controverse – per usare un eufemismo – che hanno caratterizzato il berlusconismo “che alberga più o meno latente in molti di noi”.

La storia imprenditoriale di Berlusconi viene narrata a cominciare dai primi successi imprenditoriali nel campo dell’edilizia, con tutte le prime complicatissime architetture societarie, salvo rilevare la provenienza tutt’ora ignota dei primi finanziamenti; nonché con qualche nota significativa sulle gaffe del nostro in merito ai suoi antichi rapporti con il potere: “Il 9 maggio 2003, diventato presidente del Consiglio, durante un intervento a braccio a un forum sulla pubblica amministrazione: ‘Giravo gli uffici comunali con l’assegno in bocca’ dice con enfasi davanti a una platea di imprenditori a cui, evidentemente, voleva piacere a tal punto di mostrarsi simile a loro […] Il giorno dopo, naturalmente, Berlusconi corregge il tiro e dichiara di essere stato frainteso” (pp.11). Gaffe a parte “Una storia italiana” prosegue con tutte le altre vicende che hanno visto Berlusconi emanciparsi dalla semplice figura di palazzinaro dalle origini opache, per proporsi come “genio della tv”, poi come presidente del Milan, poi ancora come politico; pur sempre con modalità – volendo usare per l’ennesima volta un eufemismo – a dir poco singolari, considerando gli accertati rapporti con la mafia, le leggi ad personam volte a cambiare le leggi sul falso in bilancio, a ridurre i tempi di prescrizione e così farla franca.

Racconto che mira a ridimensionare molte delle leggende costruite sulla figura del Cavaliere e sulle sopraffazioni subite da una banda di feroci giudici bolscevichi. “Sopraffazioni” che evidentemente, come testimonia l’intervista di Nicholas Farrell del 2003, Berlusconi deve aver vissuto con un certo disagio: “Questi giudici sono doppiamente matti! Per prima cosa, perché lo sono politicamente, e secondo sono matti comunque. Per fare quel lavoro, devi essere mentalmente disturbato, devi avere delle turbe psichiche. Se fanno quel lavoro è perché sono antropologicamente diversi dal resto della razza umana” (pp.101).

Tra le innumerevoli “marachelle” – tutt’al più così definite dai sostenitori più critici del Cavaliere – regolarmente dimenticate ma ricordate da Barbacetto, spesso con ulteriori dettagli rispetto altre note inchieste giornalistiche, possiamo citare, tra i tanti, i casi Imi Sir – SME che portarono alla condanna di Cesare Previti, avvocato di Berlusconi, nonché dei giudici Vittorio Metta e Renato Squillante, per la vicenda di corruzione giudiziaria considerata tra le più gravi nella storia l’Italia.

In quel caso bisogna sottolineare come “il processo SME, dopo sette altalenanti sentenze, si concluse con la dichiarazione che non ci sono prove che la sentenza fosse stata comprata da Berlusconi e Previti. È dimostrato però che il giudice Renato Squillante fosse una toga sporca a libro paga della Fininvest, remunerato con soldi Fininvest dagli avvocati Fininvest Cesare Previti e Attilio Pacifico, che hanno dunque commesso il reato di corruzione in atti giudiziari, nel frattempo però prescritto. Il padrone della Fininvest, Berlusconi, è stato assolto: Previti e Pacifico hanno fatto, dunque, tutto di testa loro. Con i soldi di Silvio evidentemente distratto” (pp.54). Questo inciso per dimostrare che probabilmente nei suoi tanti processi il Cavaliere non ha avuto soltanto a che fare con delle “toghe rosse”, ma anche con dei magistrati molto comprensivi.

Altri aspetti controversi, raccontati con dovizia di particolari, riguardano i rapporti con Vittorio Mangano, “per tutta la vita legato a Marcello [ndr: Dell’Utri] e Silvio […] definito da Paolo Borsellino una delle teste di ponte dell’organizzazione mafiosa nel Nord Italia” (pp.189). Tanto che – ricorda ancora Barbacetto – “rispondendo alle domande dei francesi Calvi e Moscardo il 21 maggio 1992, il magistrato aveva mostrato di ricordare bene anche le vecchie vicende di Cosa nostra che aveva impiantato una base al Nord, a Milano, già negli anni Settanta, e di ritenerle ancora tanto importanti e attuali da citare, davanti alla telecamera, i rapporti che Marcello Dell’Utri e Silvio Berlusconi, a Milano, avevano stretto con personaggi delle famiglie palermitane, primo fra tutti Vittorio Mangano” (pp.211).

Al capitolo “Gli amici di Palermo”, tra i più lunghi e approfonditi del libro, segue per il gran finale “Le cene eleganti” che sostanzialmente si conclude con il finto matrimonio di Berlusconi con la sua Marta Fascina. Finto matrimonio che almeno è durato più di una sola notte, visto che – testimone il fotografo Antonello Zappadu – il nostro ex presidente del Consiglio negli anni del bunga-bunga era già stato immortalato mentre veniva celebrato un finto matrimonio e una ragazza.

Al termine della lettura di questo libro, imprescindibile per tutti coloro che non amano la storia italiana trasformata in fantasy, qualcuno, magari più “giustizialista” di altri, potrà chiedersi se piuttosto un titolo più appropriato non sarebbe stato “Una storia criminale”.

Edizione esaminata e brevi note

Gianni Barbacetto, (Milano, 1952) giornalista e scrittore italiano. È laureato in Filosofia. Ha cominciato a lavorare negli anni Settanta in radio (Radio Milano Libera, Radio Città, Radio Rai), poi ha collaborato al quotidiano “Bresciaoggi”, a “Linus” e a tante altre testate.
Nel pieno degli anni Ottanta, nella “Milano da bere”, ha contribuito a fondare il mensile “Società civile”, che ha diretto per una decina d’anni. In tv ha condotto un programma televisivo di economia e finanza su una tv privata (Rete A). Ha lavorato nelle redazioni dei settimanali “Il Mondo”, “L’Europeo”, “Diario”. È una delle principali firme de Il Fatto Quotidiano e collabora anche con il periodico MicroMega. È direttore di Omicron (l’Osservatorio Milanese sulla Criminalità Organizzata al Nord). Ha collaborato con la regista Francesca Comencini per il soggetto del film “A casa nostra”. Per la rete televisiva franco-tedesca arte ha realizzato, con Mosco Boucault, un documentario sul Lodo Mondadori, mai trasmesso in Italia. Ha coordinato la redazione del programma di Michele Santoro, “Annozero”.

Gianni Barbacetto, “Una storia italiana. La storia completa del leader politico che è stato più a lungo presidente del Consiglio dopo Benito Mussolini e Giovanni Giolitti”Chiarelettere (collana “Principioattivo”), Milano 2023, pp. 298.

Luca Menichetti. Lankenauta,  aprile 2023