San Guedoro Lodovica

Le memorie di una gatta

Pubblicato il: 10 Agosto 2023

Con il titolo “Le memorie di una gatta” Felix Krull Editore pubblica nell’ottobre del 2018 questo romanzo di Lodovica San Guedoro, in cui l’autrice dissemina, in una prosa rotonda, piacevole e limpida, alcune intuizioni circa la natura profonda del reale, visto attraverso gli occhi – all’inizio ingenui e trasognati, poi progressivamente più maturi – di una gatta che racconta la sua storia sin da cucciola. È una sfida sin dalle prime righe, raccontare una vicenda in cui la potenza della letteratura si manifesta nella misura in cui essa può davvero insinuarsi ovunque nella sua dimensione mimetica. Tuttavia, nel corso della lettura l’aspetto favolistico va in secondo piano ed emerge come un altro romanzo, come vedremo. È l’effetto matrioska: un romanzo dentro un altro romanzo.

Sin dall’inizio il personaggio della gatta Muzzi è assolutamente credibile, il libro è ben scritto e coinvolgente, la favola si allea con l’ironia per configurare una storia che inizia con toni sognanti e scanzonati, per diventare più avanti una critica serrata, cristallina e feroce, al mondo culturale italiano, una lettura antropologica e un’autobiografia sui generis, in cui la materia biografica è, però, trattata con estremo – quasi lunare – distacco.

Scrittura terapeutica questa nella misura in cui sembra trasportarci nel tempo, nella nostra infanzia, e nello spazio mentale di una gatta, con tutto ciò che comporta in termini di indagine psicologica, perché i moventi della gatta sono diversi da quelli umani, le due specie non si capiscono veramente, come dice la gatta stessa, la letteratura è proprio questo cerchio magico in cui l’impossibile accade e due mondi paralleli possono convergere.

All’inizio il romanzo è ambiento in un luogo che sembra magico, perché tali sono le peripezie di questa gatta solo lievemente antropomorfizzata, e qui sta una delle abilità, e si svolge a Pietrafitta, nel senese.

Due sono i padroncini della gatta, ombre che nel racconto, viste da una prospettiva così inusuale, si rivelano per la gatta potenze anche inquietanti e arbitrarie.

Quindi il fulcro del romanzo inizialmente è in questa variazione che rinnega parzialmente l’antropocentrismo della stessa struttura romanzo. Il protagonista narrante è un animale che pensa come un essere umano ma in una maniera sua propria, gattesca.

Esperimento già tentato da Natsume Soseki, il grande scrittore giapponese, nel suo “Io sono un gatto” del 1905. Qui Lodovica San Guedoro rivela ulteriori e inedite possibilità narrative, perché alla gatta è affidata presto la qualità di testimone delle vicende umane. Diventa la voce innocente e “altra”, che permette di trattare materia anche incandescente con il distacco di cui sopra, spesso ironico, ma non solo, perché, attraverso la gatta, Lodovica San Guedoro tocca molte corde dell’esperienza vitale.

Come si è visto anche con “S’io fossi foco”, nei romanzi di Lodovica San Guedoro c’è sempre, tra le altre, una sotto-trama filosofica che conferisce alla favola un ulteriore aspetto misterioso. Come in tutte le trame ci si aspetta, per tutte le quasi 270 pagine del romanzo, che essa abbia una conclusione. Tutto ciò innesca un coinvolgimento ancora più sottile che potremmo definire di suspense filosofica.

Romanzo di idee si diceva una volta, ma mi rendo conto che non si tratta nemmeno di questo. Cosa è una gatta? Possiamo immaginarci un’alterità più radicale? Possiamo evadere dal carcere dei nostri pregiudizi sull’animalità?

Lodovica San Guedoro costruisce un romanzo intorno a delle domande, senz’altro, domande che investono il pensiero contemporaneo e spesso lo dilaniano; ma “Le memorie di una gatta”, sin dall’ironico incipit, è anche, e direi soprattutto, una riflessione intorno alla letteratura e alla sua necessità, un atto d’amore verso di essa, verso la sua potenza multiforme perché il testo si rivela, proseguendo nella lettura, un affascinante ibrido.

La prima parte del romanzo è resa nella formula archetipica della favola. Uso il termine formula non a caso. È come nella fisica: ricombinando elementi eterogenei arrivare alla sintesi decisiva. Si capisce che nella maniera implicita dell’arte l’autrice sta presentando una visione del mondo che nella favola e nell’allegoria trova la sua formulazione enigmatica.

Il romanzo è veloce, potenzialmente, anche se chi scrive ha tergiversato e indugiato, per cogliere e godere di tutti gli aspetti di questo prisma; la prima parte potrebbe rientrare nella letteratura dell’infanzia, anzi per un bambino probabilmente leggerlo è un diletto ancora maggiore. Perché fra un gatto e un bambino c’è probabilmente meno distanza che fra un bambino e un adulto. Qui ci soccorre l’esperienza di Schulz e dei suoi Peanuts, dove bambini e animali raccontano di un incantesimo di vivere ignoto agli adulti e ne riportano, parodiandole in maniera cifrata, e per questo liberatoria, le stesse nevrosi.

Qui accade qualcosa del genere: ogni avvenimento che occorre alla gatta, per quanto piccolo, divorare una lucertola, litigare con un altro gatto, convivere con un suo conspecifico più giovane etc, è restituito alla sua primitiva configurazione di evento di per sé mitico, cioè da raccontare, su cui favoleggiare. Attitudine dell’infanzia per cui un bambino può esserne fatalmente affascinato, poiché “i fanciulli trovano tutto in niente, gli adulti niente in tutto”, come scrive lucidamente Leopardi.

Così la gatta perlustra un bosco per svelare il suo mistero, gira nelle campagne di Siena, restituite dall’autrice attraverso vivide impressioni visive, favoleggia di una valle di misteriosi grilli parlanti, incontra una civetta scontrosa, il tutto reso con una sottile e ironica suspense, che rende avventurosi e avvincenti i suoi percorsi. Nel corso della storia condividiamo con la gatta i suoi spaesamenti, le sue scoperte, le sue commozioni, i suoi momenti di estatica pace domestica, la sua angoscia per i trasferimenti, le sue paure…

Romanzo di formazione atipico, “Le memorie di una gatta” mescola il realismo con la favola, in un intenso connubio in cui l’immaginazione sembra avere sempre l’ultima, e definitiva, parola.

L’immaginazione letteraria in particolare, giacché presto la gatta scopre che i suoi padroncini sono due scrittori e racconta delle peripezie per la pubblicazione di un libro autoprodotto dalla stessa padroncina e in questo modo l’autrice esprime una visione assai critica dell’editoria contemporanea, dominata da colossi editoriali mossi da ben altri interessi di quelli che conducono un’artista alla sua opera. Così il romanzo si trasforma, Lodovica San Guedoro comincia a raccontare della difficoltà di una scrittrice di farsi ascoltare in un mondo in “letargo centenario” che ha ben altro a cui (non) pensare e che preferisce la televisione al duro lavorio dello stile.

Perché, attraverso i racconti della gatta, scopriamo che la padroncina è la stessa Lodovica San Guedoro; ed è con questa invenzione che sembra cominciare un altro romanzo in cui si manifesta ulteriormente l’intensità creativa di questa scrittura, in cui sono abilmente mescolate, con tono lucido ma anche trasognato, la favola, il realismo magico, la reinvenzione pittorica di certe descrizioni paesaggistiche, l’autobiografia, l’ironia demistificante, l’aspra polemica intellettuale, la critica sociale, la condanna morale, il lirismo delicato e altro.

Di base si percepisce un’indignazione estetica per il degrado che Lodovica San Guedoro percepisce intorno a sé, dove soprattutto una mezza cultura, falsa e autocelebrativa, peggiore di qualunque ignoranza e ammuffita da secoli, offre a gente a tutto assuefatta la narcosi di cui ha bisogno.

Ed è sempre con “miserabili intrighi e indegne manovre” che i funzionari dell’industria culturale ottengono la loro affermazione letteraria, facendosi credere anche grandi artisti, in un paese corrotto, provinciale e culturalmente disastrato come l’Italia.

Ben altro movente filosofico è quello dell’artista autentico che, volente o nolente, in questa caverna platonica piena di feticci culturali o pseudoculturali, mira a svegliare ciascuno da quest’inquietante ipnosi gregaria. Cosa ci ricava? L’esilio, in questo caso, Lodovica San Guedoro sceglie di trasferirsi in Germania, dove trova una realtà non soffocata e soffocante come quella italiana, per respirare quell’“afflato universale”, possibile solo se si frequentano, specialmente attraverso la letteratura, “orizzonti più larghi”.

Così “Le memorie di una gatta” è un romanzo stratificato, intelligentemente anomalo, costruito su variazioni e trasformazioni della stessa materia narrativa. È un congegno mutaforma e si legge con crescente interesse. Di questa scrittrice mi sembra poi particolarmente evidente la capacità di stupire, data dalla molteplicità evocata, dalle variazioni improvvise di questa singolare partitura emotiva, da una fantasia davvero proteiforme, capace di sondare in profondità il mare, umano e non umano, delle emozioni.

Sembra perpetuarsi quasi un’ecologia della mente, in certi passi come questo, per esempio:

“Non fu, beninteso, una serata colossale, con colpi di scena o lo sprizzare della sacra scintilla di fuoco celeste, fu, piuttosto, una serata di quella cara qualità intima e sommessa, di quel fascino semplice e buono che può manifestarsi solo in campagna, in virtù dell’influsso benefico e risanatore della natura sugli animi umani. “

Terribile e splendida la conclusione del racconto della gatta, in cui si avverte, sebbene trasfigurata nella visione gattesca, un’eco di Svevo e un severo monito morale contro la civiltà delle macchine. Consigliato.

Edizione esaminata e brevi note

Lodovica San Guedoro, “Le memorie di una gatta”, Felix Krull Editore, München, ottobre 2018

Lodovica San Guedoro nasce a Napoli da genitori siciliani. Dopo una giovinezza trascorsa tra Napoli, Roma e la Toscana, per potersi affermare nel mondo letterario è costretta ad espatriare in Germania, a Monaco di Baviera, dove viene subito apprezzata. Tra i suoi libri ricordiamo: “Requiem di Arlecchino” (2007), “Gli avventurosi simplicissimi” (2008), “Incitazione a delinquere” (2009), “Fedra e le mammine nei caffè” (2011), “L’ultima estate di Teresa Tellez”(2013), “L’allegro manicomio. Ovvero nove giorni di villeggiatura in famiglia” (2016, candidato al Premio Strega 2016), “Pastor che a notte ombrosa nel bosco si perdé… “(2017, candidato al Premio Strega 2017), “Le memorie di una gatta” (2018, candidato al Premio Strega 2019), “Amor che torni… “(2019, candidato al Premio Strega 2020), “Agonia” (2019), tutti pubblicati da Felix Krull Editore.

La Voce dell’Jonio
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Ettore Fobo, Lankenauta, agosto 2023