Ludovico Antonio Muratori scrisse che “lo spirito della parzialità o dell’avversione troppo sovente guida la mano de gli storici”. Ce ne siamo accorti più volte. Quindi ci voleva giusto un giornalista di professione come Marco Travaglio, seppur laureato in storia, per tentare di fare un minimo di chiarezza sulle reali origini del conflitto Israele-Palestina; mentre intanto – purtroppo anche col contributo di storici accademici – sembra che, invece di ragionare, capire, informarsi, ci si debba necessariamente arruolare, vuoi tra le fila dei filo-israeliani senza se e senza ma, vuoi tra le fila dei filo-palestinesi senza se e senza ma.
Bisogna dare atto a Travaglio di aver scritto un libro che in poche pagine riesce a sintetizzare con grande efficacia, senza il consueto linguaggio tagliente, una storia da sempre molto complessa che andava e va trattata appunto con il massimo dell’equilibrio e dell’oggettività, visto che viviamo ancora una volta nel mezzo di “un dibattito all’italiana fra tifosi delle due curve ultrà”; mentre la priorità di ogni buona informazione sarebbe quella di “ritrovare un po’ di lucidità, di obiettività, di sfumature, di capacità di distinguere, di attinenza ai fatti e di uso corretto delle parole”. Non fosse altro che quasi ottant’anni di guerra sono stati caratterizzati proprio da tutto quello che i nostri tifosi e guerriglieri da salotto vogliono negare: un’infinità di “torti che coabitano con le ragioni, in un intrico storico inestricabile che non conosce più il bianco e il nero, ma soltanto il grigio dei torti abbracciati ai morti” (pp.13).
Travaglio, dopo una puntigliosa verifica delle affermazioni incoerenti e paradossali dei filo-israeliani e dei filo-palestinesi, ci racconta le premesse di questo disastro, a cominciare dal primo congresso mondiale sionista, della prima “aggressione araba contro Israele” (parole della Pravda e quindi del nostro partito comunista), per poi giungere ai giorni nostri in cui si è avverata la profezia di Gandhi: “a furia di occhio per occhio, sono diventati tutti ciechi” (pp.99).
Quello che leggiamo ci mostra come definire una volta per tutti i carnefici e le vittime di questo infinito conflitto sia letteralmente impossibile. Basti pensare alla strumentalizzazione dei palestinesi ad opera dei paesi arabi “amici”; oppure al tempo della guerra dei Sei Giorni, in cui “Israele è visto di nuovo dal mondo come Davide contro Golia e riceve un’ondata di solidarietà da tutto l’Occidente, anche e soprattutto da sinistra” (pp.46); al “Settembre nero: la più grande strage di palestinesi della storia […] opera di un regime arabo” (pp.53); a Golda Meir rivolta ai paesi arabi: “Noi vi potremo un giorno perdonare per aver ucciso i nostri figli, ma non vi perdoneremo mai per averci costretto a uccidere i vostri. Una possibilità di pace esisterà quando dimostrerete di amare i vostri figli più di quanto odiate noi” (pp.55); ai palestinesi che, oltre ad essere stati vittime dei loro “fratelli arabi”, subiscono la “doppiezza di Arafat che ancora una volta ha puntato sul cavallo sbagliato [ndr: l’appoggio a Saddam Hussein durante la guerra del 1991 in Iraq]; al consapevole sabotaggio di Netanyahu degli accordi di Oslo, che rafforza “Hamas, suo vero alleato occulto contro l’Anp in mano all’Olp. La logica del ‘tanto peggio tanto meglio’ moltiplica le stragi di kamikaze contro i civili israeliani”; a Sharon che, alla soglia dei 77 anni, prova ad elevarsi da politico a statista, rischiando di apparire una sorta di traditore agli occhi dei più fanatici dei Likud, provando evacuare le comunità israeliane dalla Striscia di Gaza e dal Nord della Samaria, ormai favorevole all’opzione due popoli, due Stati; alla guerra civile fra i palestinesi per il potere nei Territori.
Tutta una serie di avvenimenti, di affermazioni, di faide, di “torti e ragioni” intrecciati, che sicuramente e volutamente molti dei già citati guerriglieri da salotto ignoreranno. I lettori schierati “senza se e senza ma”, dopo aver letto “Israele e i palestinesi”, ne usciranno cambiati. Ma considerando il livello di onestà intellettuale esistente, c’è da scommettere molti che ne usciranno ancor più incazzati con Travaglio piuttosto che indotti a una qualche maggiore riflessione.
Edizione esaminata e brevi note
Marco Travaglio, (Torino, 1964) ,scrive per Il Fattoquotidiano, A, Micromega, dopo aver collaborato per anni al Giornale diretto da I. Montanelli, Repubblica, l’Unità. E’ l’attuale direttore del Fattoquotidiano. Tra suoi più recenti successi “Mani sporche” (Chiarelettere 2007, con Gianni Barbacetto e Peter Gomez). Altri suoi libri, tra i tanti, sono “La scomparsa dei fatti”, “Montanelli e il cavaliere”, “Intoccabili”, “L’odore dei soldi”, “Bravi ragazzi”, “Se li conosci li eviti”, “Italia anno zero”, “Papi”, “Uliwood Party”, “Promemoria”, “Colti sul Fatto”, “BerlusMonti”, “Il Santo”, “Scemi di guerra”.
Marco Travaglio, “Israele e i palestinesi in poche parole”, PaperFIRST, Roma 2023, pp. 128.
Luca Menichetti. Lankenauta, dicembre 2023
Follow Us