Ho sempre amato il Maestro fin da quando,adolescente, lessi a scuola alcuni suoi componimenti e ne parlai poi all’esame di terza media. Vi ritornai più volte in seguito nel corso degli anni e rileggere dunque ora “L’Allegria” è un ritrovare sia liriche conosciute, memorizzate, addirittura quasi entrate nel linguaggio comune, sia liriche meno famose e che avevo riposto in angoli della memoria divenuti un poco polverosi con il passare del tempo.
Di Ungaretti amo l’essenzialità, quella parola scarna, semplice eppure “scavata come un abisso”, una parola della quale scopro sempre risvolti nuovi, a seconda dei tempi e dei momenti.
È una parola che rimane nella mente e nella fantasia e l’ accende, l’ illumina e la sa stupire.
Soprattutto è una parola che presuppone il silenzio, addirittura le è necessario per poter apparire più nitida e più incisiva. Quel silenzio del quale c’è estrema necessità a volte, in questo mondo nel quale tutti parlano, parlano, ma ben pochi sanno ascoltare e così ci si ritrova sommersi da cumuli d’immagini affastellate, spesso inutili o ridondanti, sovrapposte le une alle altre a creare un tumulto di voci.
Poesia della parola e poesia del silenzio.
“M’illumino/ d’immenso” (Mattina, Santa Maria la Longa il 26 gennaio 1917). Uno dei più famosi “versicoli” ungarettiani, come li definisce Leone Piccioni per il loro andamento spezzato.
È soltanto una semplice frase preceduta da un titolo e intrisa di silenzio profondo. , ma cela tutte le riscoperte di una nuova giornata, l’avvento della luce dopo la tenebra notturna e un aprirsi all’infinito, al mistero, al cosmo stesso.
La scrive il fante Ungaretti in piena guerra, al fronte, mentre scopre – lui che era stato interventista – tutte le atrocità del conflitto e nello stesso tempo, un attaccamento alla vita sempre più forte e la fratellanza con gli altri uomini, tutti.
Nascono dall’esperienza del Carso liriche memorabili come: “Soldati”, “San Martino del Carso”, “Fratelli”, Sono una creatura”, “I fiumi”.
L’una dopo l’altra con annotate la data e la località, in una sorta di diario di guerra.
Commenterà in seguito l’Autore stesso:
“Quando ero a Viareggio, prima di andare a Milano, prima che scoppiasse la guerra, ero, come poi a Milano, un interventista. Posso essere un rivoltoso, ma non amo la guerra. Sono anzi, un uomo della pace. Non l’amavo neanche allora, ma pareva che la guerra s’imponesse per eliminare finalmente la guerra. Erano bubbole, ma gli uomini a volte s’illudono e si mettono in fila dietro alle bubbole”. (p.521 di Vita d’un uomo).
Cambiano i metodi per fare la guerra, ma le motivazioni spesso si ripetono, mascherate con qualche orpello di volta in volta differente.
Del Maestro ho sempre amato il legame così vivo tra vita e poesia, quella sua straordinaria capacità di creare anche dopo sofferenze terribili che la vita gli ha riservato. È una poesia intrisa nell’esistenza, profondamente umana, radicata nell’essenza stessa della nostra condizione, che è e resta sempre un mistero, un segreto cui ci si può avvicinare senza svelarlo totalmente.
“ Vi arriva il poeta/ e poi torna alla luce con i suoi canti/ e li disperde/ Di questa poesia/ mi resta/ quel nulla/ d’inesauribile segreto”. (Il porto sepolto, Mariano il 29 giugno 1916)
Il nulla, il deserto è un elemento che ritorna spesso nelle liriche di questo italiano nato e in parte cresciuto ad Alessandria d’Egitto, città della quale serba la memoria e il fascino, che gli è penetrata nell’anima con la forza di quelle impressioni infantili che poi segnano tutto il percorso esistenziale.
“Conosco una città/ che ogni giorno s’empie di sole/ e tutto è rapito in quel momento/…”(Silenzio, Mariano il 27 giugno 1916)
La parola di Ungaretti, soprattutto ne “L’Allegria”, rivela incanto e purezza, è parola priva d’enfasi, sussurrata, la si direbbe il mormorio di un vento leggero e dunque richiede calma, attenzione e disponibilità per poter venire colta nella sua pienezza e interiorizzata. Talvolta si nutre di particolari e li fa risplendere:
“Ogni colore si espande e si adagia/ negli altri colori/ Per essere più solo se lo guardi”. (Tappeto)
La solitudine del colore osservata in un delizioso manufatto arabo lasciato all’immaginazione di ciascuno e, nello stesso tempo, l’accostamento delle tinte che mollemente creano il tutto. Dettaglio e sguardo d’insieme a suggerire, a rinnovare con la parola un oggetto per mostrarcelo sotto una nuova luce. Sempre sfumature diverse, attimi esistenziali, scoperte.
“Sono un poeta/ un grido unanime/ sono un grumo di sogni…” (Italia, Locvizza l’1 ottobre1916).
Nel naufragio dell’esistenza, nel nulla che assedia ogni costruzione umana vi è pur sempre l’attimo dell’allegria, strappato alla morte e al dolore.
In Ungaretti vi è anche continuo rapporto con la natura, rapporto panico addirittura, il sentirsi fibra dell’universo, quel respirare assieme al tutto in un’armonia da ritrovarsi e da rifondare ogni giorno.
“Il mio supplizio/ è quando/ non mi credo/ in armonia/”(I fiumi, Cotici il 16 agosto 1916).
L’uomo di pena Ungaretti sa sentirsi, tra memoria di Alessandria e del deserto che lo colgono nelle doline del Carso, “Ubriaco d’universo”(La notte bella, il 24 agosto 1916). È l’infinito che trapela tra il nulla. Immagine pura ed essenziale.
Osservava il Maestro in occasione dei suoi ottant’anni:
“Non so che poeta io sia stato in tutti questi anni. Ma so di essere stato un uomo: perché ho molto amato, ho molto sofferto, ho anche errato cercando poi di riparare al mio errore, come potevo, e non ho odiato mai. Proprio quello che un uomo deve fare: amare molto, anche errare, molto soffrire, e non odiare mai”. (op. cit. p.XXVIII)
Ungaretti è un poeta imprescindibile, da leggere, da studiare, da interiorrizzare specialmente per chi voglia dedicarsi alla poesia.
NOTE EDITORIALI
“L’Allegria” ha vicende editoriali piuttosto complesse. La redazione finale fu raggiunta in un’ dizione datata 1942, ma apparsa all’inizio del 1943 ed è segnata con le date 1914-19. È suddivisa in cinque sezioni (Ultime, Il porto sepolto, Naufragi, Girovago, Prime) in cui si distribuiscono le prime poesie apparse su “Lacerba” nel 1915 indicate con “Ultime”, perché conclusive di una fase poetica; quelle nate con l’esperienza della guerra sul Carso (già pubblicate ne “Il porto sepolto” in edizione limitata di ottanta copie nel 1916); le successive poesie di guerra e le nuove poesie indicate come “Prime” proprio in quanto iniziatrici di una nuova fase.
Originariamente il libro apparve a Firenze nel 1919 col titolo “Allegria di naufragi”, seguì un’edizione del 1923 de “Il porto sepolto” con prefazione di Benito Mussolini e poi edizioni col titolo definitivo “L’Allegria” tra il ’31, ’36 e infine quella del ’43.
articolo apparso su lankelot.eu nel settembre 2006
Edizione esaminata e brevi note
Giuseppe Ungaretti (Alessandria d’Egitto 1888-Milano 1970), poeta italiano.
Giuseppe Ungaretti, Vita d’un uomo. Tutte le poesie, Milano, Oscar Mondadori 2005. A cura di Leone Piccioni. L’edizione è ottima e contiene lo scritto “Ragioni d’una poesia” dello stesso Autore, quattro studi su Ungaretti di G.De Robertis, A.Gargiulo, L.Piccioni e P.Bigonciari. Note a cura dell’Autore e A.Mariani, apparato critico delle varianti a cura di G.De Robertis, M.Diacono e L.Piccioni. Bibliografia, indice dei titoli e dei capoversi.
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