Non deve essere stato facile per Roberto Di Giovan Paolo e Pietro Fabretti, i due autori di “I papi, la Chiesa e la pace”, scrivere un libro che è sintesi del magistero in materia di pace della Chiesa degli ultimi settanta anni. Da Pio XII a Benedetto XVI i documenti che hanno trattato questo tema sono innumerevoli, tra discorsi, encicliche, messaggi, lettere pastorali, e un profano (termine che in argomento si adatta benissimo) si potrebbe ritrovare perso in una mole di parole oltretutto spesso male interpretate con apparenti o reali ripetizioni e sottili distinguo. Ce ne siamo resti conto nel leggere la terza parte del libro dove sono riportati quei documenti ritenuti più significativi per descrivere come negli anni la Chiesa, qui sostanzialmente intesa come gerarchia, si sia posta rispetto ai temi correlati della pace, del disarmo e dei rapporti tra le nazioni.
L’analisi di Giovan Paolo e Fabretti è sostanzialmente incentrata sulle posizioni del Vaticano e delle varie conferenze episcopali a partire dalla fine della seconda guerra mondiale e quindi, pur con la piena consapevolezza delle incoerenze, dei crimini avvenuti nei secoli passati, non vengono presi in considerazione quei papi “che tante volte hanno reperito la spada al pastorale, oppure a quanti dalla Cattedra di Pietro hanno sottoscritto torture e condanne” istigando alla violenza in nome di Dio. Nemmeno viene nascosto come il nome della pace sia stato usato strumentalmente a fini propagandistici. Tutto questo non è oggetto dello studio di Giovan Paolo e Fabretti: semmai è l’analisi di come il problema della realizzazione della pace nell’era nucleare sia stato affrontato dagli ultimi pontefici nella loro opera pastorale. Grazie ai due autori, in qualche modo anche efficaci traduttori dalla lingua vaticana all’italiano, si coglie come il pensiero di Pio XII, che pure si muove all’interno della dottrina tradizionale della guerra giusta, abbia poi dovuto fare i conti con un impressionante potenziamento delle armi di distruzione di massa: da qui la coesistenza di un insegnamento che ribadisce la liceità della guerra di difesa con l’affermazione di come “si possa avere l’obbligo di subire l’ingiustizia, pena l’annichilimento di ogni vita umana”.
Con Giovanni XXIII si va oltre; ferma restando la netta impressione, almeno agli occhi di un lettore profano, che quando si parla di Chiesa ogni innovazione dottrinale reale o presunta si porta dietro comunque quasi tutto il retaggio della tradizione, così rendendo spesso faticosi e non sempre intelligibili le interpretazioni dei poderosi documenti d’oltretevere. Papa Roncalli nei fatti ritiene non più praticabile l’idea di una “guerra giusta”, tanto da preoccuparsi semmai di approfondire e sviluppare i presupposti morali che permettono una collaborazione tra le nazioni: un’attenzione al tema che viene legata indissolubilmente alla costruzione di un ordine sociale, rintracciabile dall’uomo grazie alla sua ragione, tale da instaurare il bene comune sulla Terra e da consentire lo sviluppo integrale di tutti gli esseri umani. Diverse linee di riflessione che ritroviamo, non del tutto risolte, durante i lavori del Concilio Vaticano Secondo ed in particolare nella Costituzione pastorale Gaudium et Spes: da un lato la tradizionale dottrina della guerra giusta e dall’altro il tentativo di formulare nuove categorie morali coerenti con l’era nucleare. E’ con Paolo VI e con la sua enciclica “Populorum Progressio” del 27 marzo 1967 che si approfondisce lo stretto legame tra pace e sviluppo economico e sociale dei popoli.
In questa occasione il pontefice ha elaborato una concezione del cosiddetto superfluo, evidenziando come il trasferimento delle risorse dai paesi ricchi ai paesi poveri sia solo un’apparente sottrazione di ricchezza: “Anzi sono proprio i paesi ricchi ad avvantaggiarsene poiché potranno prevenire la collera dei poveri e il mantenimento della pace che solo favorisce lo sviluppo”. Secondo l’impostazione presente nella “Populorum Progressio” i veri colpevoli di questo stato di cose sono coloro che contribuiscono allo squilibrio economico – sociale tra paesi ricchi e poveri. Non più quindi un generico invito alla pace ma un’accusa specifica e diretta a quei governanti che si rendono responsabili degli squilibri sociali. I due autori rilevano come con l’avvento Giovanni Paolo II, sotto il cui pontificato si sono vissute le più imponenti modificazioni dello scenario internazionale, si accentui ancor di più la tendenza a far confluire la dottrina cattolica sulla pace e la guerra con la dottrina sociale. In altri termini si approfondisce la volontà della Chiesa di proporsi come coscienza critica del mondo occidentale e di quel materialismo capitalistico che porta al consumismo ed al disinteresse verso le classi sociali e i paesi più deboli.
Con buona pace di coloro che associano la rivendicata attenzione agli ultimi ad una forma subdola di comunismo, è una coscienza critica che non dimentica l’errore fondamentale di quel socialismo reale in cui l’abolizione della proprietà privata ha scompaginato tutto l’ordinamento sociale, subordinando completamente l’individuo alla società e così togliendoli sia la propria responsabilità individuale sia la consapevolezza di soggetto autonomo di decisione morale. Nel descrivere le iniziative di un pontefice in perenne movimento ed in perenne dialogo con tutti i governanti del mondo, sia quelli democraticamente eletti sia dittatori (e quindi spesso volutamente frainteso), Di Giovan Paolo e Fabretti ci ricordano l’impegno della Chiesa di Wojtyla in merito alla remissione del debito internazionale dei paesi poveri, le vicende diplomatiche legate alle guerre del Golfo e in particolare all’ultima che ha visto un netto contrasto tra Vaticano e l’alleanza militare capitanata da Bush jr.; e poi ancora la condanna del terrorismo “senza se e senza ma”, lontana da qualsivoglia giustificazione altrimenti presente presso altri esponenti pacifisti spesso più noti come pacifinti, a cui si accompagna un impegno di educazione alla pace tale da concretizzarsi nella cooperazione interreligiosa. Un excursus lungo settant’anni che termina con Benedetto XVI, il quale conferma – ovviamente – la dottrina dei predecessori seppur con una maggiore enfasi sui contenuti teologici e metafisici, con un atteggiamento del tutto coerente alla sua storia di “Prefetto della Fede”.
Senza dimenticare le differenti posizioni e sensibilità dei vari episcopati e il pacifismo più radicale dell’ordine francescano, Di Giovan Paolo e Fabretti ci hanno rappresentato una Chiesa, almeno da come risulta nei documenti vaticani, che ha via via mostrato diverse e più moderne sensibilità in relazione ai cambiamenti sociali e internazionali del tempo. Una lettura che senza la citata “traduzione” dei due autori sarebbe stata quanto mai ostica; ma il fatto di essere giunti al termine del libro incolumi ci fa dire che il libro si è rivelato una sintesi riuscita e tale da sfatare i tanti luoghi comuni che vengono associati alle iniziative d’oltretevere.
Edizione esaminata e brevi note
Roberto Di Giovan Paolo, giornalista professionista, è stato consulente editoriale e di comunicazione strategica; ha insegnato come docente alla Luspio Sociologia dei processi culturali e comunicativi e Comunicazione politica. Dal maggio 1996 è membro del Policy Bureau europeo del Ccre e dal febbraio 2006 ricopre la carica di segretario generale dell’Aiccre, nella sua sezione italiana. È tra i fondatori di Elanet, rete europea della società dell’informazione. Dal 2008 è senatore della Repubblica. Per Nutrimenti ha pubblicato Comunicare rende liberi con Maria Rita Moro e prefazione di Tullio De Mauro.
Piero Fabretti, è sociologo e analista dei processi culturali italiani. Ha insegnato sociologia generale all’Università di Cassino, sociologia dei processi culturali presso l’Università San Pio Ve Storia e filosofia nei licei. Oltre a scrivere articoli e saggi sul cambiamento della società italiana dagli anni ’80 ad oggi, ha pubblicato il volume “Nietzsche, Pirandello Huizinga, dimensione ludica e umorismo tragico” per la casa editrice Gangemi.
Roberto Di Giovan Paolo, Piero Fabretti, I Papi, la Chiesa e la Pace (prefazione di Pio Cerocchi). Con due inediti di Achille Ardigò e Monsignor Tonino Bello, Iacobelli (collana Frammenti di memoria), 2009 Pavona di Albano Laziale, pp. 240
Luca Menichetti. Lankelot, giugno 2011
Follow Us