Baroncelli Carla

Ombre di un processo per femminicidio. Dalla parte di Giulia

Pubblicato il: 8 Giugno 2019

Ravenna, 2016. Giulia è stata uccisa.
Il responsabile è un albanese. Un ladro, che in 20 minuti la uccide, massacrandone il volto, la spoglia, la trascina nel seminterrato, pulisce alla meglio e sparisce.
Questo, almeno, è ciò che sostiene Matteo, il marito di Giulia.

Lei è Giulia Ballestri, 38 anni, tre figli. Dieci anni di matrimonio apparentemente quieto. Poi la crisi. Giulia chiede la separazione. Matteo si oppone. La induce a prendere antidepressivi, a rivolgersi a uno psicologo, amico di lui, e in seguito a uno psicoterapeuta di coppia. Ma niente. Giulia è in uno stato germinale di emancipazione, è determinata, rivuole il suo spazio al di fuori del matrimonio. Si confida con Stefano Bezzi, amico di giovinezza che rincontra per caso, e di cui, poco dopo, si innamora.

Lui è Matteo Cagnoni, 51 anni, medico stimato. Un bambino poco visto — come lo definisce il suo psicologo — che si è trasformato in un adulto in cerca di affermazione, per il quale il danno all’immagine rappresenta un fatto drammatico.
Fa di tutto per assoggettare Giulia al suo volere: smette di lavorare per controllarla; la costringe ad avere rapporti sessuali; minaccia di metterle contro i figli; la fa pedinare; aggredisce Stefano Bezzi, col quale Giulia intanto ha iniziato una relazione. E quando la separazione inevitabilmente si approssima, Matteo si spoglia di tutti i beni in favore del padre e del fratello.
Chiede a Giulia di accompagnarlo a Ravenna, presso una villa di famiglia, da anni disabitata, per una questione di compravendita di quadri. Giulia non si fida. Matteo giura sui loro figli che non le farà del male. “È debole a volte mi fa tenerezza”, scrive lei in un messaggio indirizzato a Stefano. Giulia accetta. E muore.

ma perché le donne scusano gli uomini, li perdonano sempre, e, nonostante tutto, continuano a provare tenerezza? Eccola là, la trappola, in cui cadiamo noi donne. Non ci arrendiamo mai” (pag.24).

Con questa riflessione, Carla Baroncelli ci porta all’interno del suo monologo interiore, nel libro Ombre su un processo di Femminicidio. Dalla parte di Giulia (Iacobelli editore). Una trasvolata attraverso la moltitudine di pensieri, immagini, emozioni, che scaturiscono nella sua mente durante le trenta udienze del processo di primo grado, a cui assiste, in qualità di giornalista e scrittrice, osservando il dibattimento da un’ottica di genere, e con l’occhio attento ai termini sessisti.
Il lettore, insomma, non si accosti a questo testo aspettandosi una cronaca cauta e distaccata dei fatti. Il libro è permeato da una forte componente critica.

Matteo viene arrestato con l’accusa di aver ucciso la moglie. Lui nega e insiste: è stato un albanese. Trasforma il processo a suo carico in un processo contro la vittima: bugiarda, egoista, anaffettiva… L’autrice lo soprannomina Matteo il Magnifico e intitola la sua versione dei fatti La Verità secondo Matteo. Raffigura momenti delle udienze come film di una rassegna cinematografica intitolata: Un femminicidio ogni 60 ore. Assegna a ciascun film un titolo (Mi hai disonorato, Non mi dichiaro responsabile…), li rappresenta con tanto di sceneggiatura e inquadrature sui dettagli. Gli amici dell’imputato per i quali il matrimonio tra Matteo e Giulia era perfetto, sono immaginati con paletta e secchiello alla mano, a costruire castelli di sabbia arginati da un fossato tutt’attorno, perché il fuori non entri e il dentro non esca. La famiglia Cagnoni è immortalata in una fotografia mentale, in cui set e luci sono arrangiati per far risaltare i profili dei protagonisti. Intervengono cori immaginari di voci femminili.
Una scrittura creativa e immaginifica, quella di Carla Baroncelli, che arriva al confine del parodistico. Una parodia però, che di fatto non diverte, al contrario, attraverso l’interpretazione caricaturale dei fatti, la vicenda sembra svelare più efficacemente le sue brutture.

La narrazione, seppur inquadrata in una struttura (suddivisa in udienze, di cui ciascuna introdotta da sintesi e parole chiave) sembra seguire la casualità propria del discorso mentale, in un zigzagare tra un aspetto e l’altro di questa piaga trasversale alle classi sociali, che è la violenza sulle donne.
Dall’umana pietas per il carnefice, al giustizialismo sui social. Dal concetto di verità processuale, al dubbio lacerante che si insinua specie nei figli, quando l’imputato continua a dichiararsi innocente. Ci si sofferma più volte sulla situazione degli orfani per crimini domestici, bambini che improvvisamente perdono tutto: mamma, papà, casa, lettino, cuscino, peluche…
Tra maschilismo, misoginia, onore, colpa e potere, si insiste in modo incisivo, talvolta ridondante, sull’uso dei termini, specie sulla parola femminicidio, che non a tutti piace. Perché allora è così importante usarla? Perché — afferma l’autrice — il femminicidio, è un omicidio che incorpora nel termine stesso la causa della morte. È un sostantivo qualificante.
Stereotipi e pregiudizi di genere, sono rimarcati anche all’interno del processo stesso, nell’interazione tra le parti. Emergono da stimoli legati alla sfera sensoriale, aspetti sottili, sottotraccia: toni, postura, espressioni, di avvocati, testimoni, del pubblico ministero Cristina D’Aniello.

Infine, giunge l’arringa immaginaria di Giulia:

Signor Presidente, signori della Corte
Mi chiamo Giulia Ballestri.
Ora sono un’ombra
” (pag.160).

A Giulia, si uniscono altre ombre, tra cui Francesca, del V canto dell’Inferno dantesco. Data in sposa a Gianciotto lo sciancato, orribile d’aspetto e di cuore. E da lui uccisa perché innamorata di Paolo. E non dica Dante che “Amor condusse noi ad una morte”. Non è l’amore.

il motivo che ha condotto a morte è sempre lo stesso: il potere dell’uomo contro il diritto delle donne […] all’autodeterminazione” (pag.162).

Matteo Cagnoni è condannato all’ergastolo. “Le fiaccole si spengono. Cala il sipario”.
La sentenza risponde alla domanda: chi ha ucciso Giulia?
Ma è un’altra, la domanda ricorrente in questo libro, e che resta aperta:
perché gli uomini uccidono le donne?”.

Edizione esaminata e brevi note

Carla Baroncelli, giornalista alla cronaca del TG2 per ventitré anni, di cui cinque passati a seguire il processo Marta Russo, la studentessa uccisa nel 1997 in un vialetto dell’Università la Sapienza di Roma.

Carla Baroncelli, Ombre su un processo di Femminicidio. Dalla parte di Giulia, Iacobelli editore, 2019.