Anno nuovo, tempo di buoni propositi. Traguardi, corse, diete… Ognuno alla ricerca di cambiamenti. Ognuno verso la realizzazione di progetti personali e professionali. E più di qualcuno si vota a un concetto molto in voga al momento sui social: diventare la miglior versione di sé.
Ma quale sarebbe la miglior versione di noi stessi? Si può avere la miglior versione di un software, di un sistema operativo… ma si può ottenere la miglior versione di un essere umano?
Nel breve saggio Etica dell’imperfezione. L’uomo e il suo limite (edito da EDB), il teologo Battista Borsato analizza l’ideale di perfezione che caratterizza il nostro tempo e offre un angolo visuale insolito, che considera l’evoluzione dell’individuo non a partire dalla sua capacità di superare i propri limiti, ma proprio a partire dal limite.
Il limite, l’indigenza (intesa come bisogno, mancanza, suscettibilità ad errare) non possono infatti essere ridotti a fattori marginali, o semplici ostacoli da abbattere; essi strutturano radicalmente l’essere umano. Non a caso, i latini dicevano: errare humanum est.
Quando non si tiene conto del limite, è facile lasciarsi sedurre da un’idea perfezionista della vita, quindi stabilire traguardi sproporzionati rispetto alle proprie capacità, per poi non riuscire a raggiungerli, con ripercussioni sull’autostima. Subentrano senso di colpa e disprezzo di sé.
Il perfezionista non si perdona. Così come giudica se stesso, manca di compassione verso gli altri. Egli è un inquisitore, che nel colpevolizzare se stesso e il resto del mondo, dissipa le energie necessarie allo sviluppo delle proprie potenzialità.
“Il senso di colpa non è mai un merito ed è lo sperpero dell’esistenza” (pag. 55).
È la coscienza del limite, dunque, il punto cardine da cui partire, il fattore propulsivo in direzione del miglioramento, unica via possibile verso il compimento dell’umano.
“Il limite non solo delimita l’essere, ma lo afferma” (pag. 24).
L’autore si pone così nel contesto di un’antropologia del limite (o etica del limite). Un’antropologia che persegue lo sviluppo delle potenzialità individuali, senza contrapporsi alla nativa debolezza dell’uomo. Un’antropologia secondo cui la crescita personale avviene restando ancorati alla propria realtà, e non a un ideale. E non sta nel diventare ineccepibili, performanti, perfetti, ma nel diventare umani.
“Diventare umani è l’obiettivo di ogni etica e di ogni proposta educativa. E diventare umano comporta riconoscere la propria difettosità e provare compassione” (pag. 16).
Partendo dalla Grecia antica, ove ha origine il concetto di perfezione, Battista Borsato propone rapidi cenni storici e culturali, per rimarcare come la ricerca della perfezione sia da sempre stata una lotta contro l’umano. Pensiamo al Medioevo: le regole per raggiungere la perfezione spirituale; le pratiche di privazione fisica; la penitenza come misura di punizione per le imperfezioni umane. Fino ad arrivare ai giorni nostri, dove la cultura occidentale e il cristianesimo sono ancora permeati dal concetto di perfezione.
Un ideale inteso come rinuncia, rifiuto e disgusto di se stessi, del mondo, del corpo.
Ma la prospettiva perfezionista trova fondamento nel vangelo?
“Nel vangelo il concetto di perfezione è assente” (pag. 19).
Gesù cena con i peccatori, parla con le prostitute, simpatizza col limite. Si rivolge agli oppressi, agli esclusi. Non si impone, ma si abbassa, si immerge nell’umano.
“Il Dio di Gesù riscatta la profonda imperfezione dell’uomo” (pag. 41).
Partendo da questo presupposto, Battista Borsato si sofferma su alcuni passi e parabole del vangelo, ne rivisita i concetti chiave con atteggiamento critico rinnovato, riproponendo al lettore la figura di Gesù secondo un’ottica non del tutto convenzionale.
Una scrupolosa riflessione è dedicata alla parabola del figlio prodigo, che viene sezionata e rivestita di significati fortemente incentrati sulla valorizzazione del limite umano.
In questa analisi dell’uomo e del suo limite, assume rilevanza la metafora del viaggio. I Re Magi si mettono in cammino; Giuseppe fugge in Egitto; Gesù stesso fu itinerante per tutta la sua vita pubblica. La dimensione umana come un continuo andare, partire, peregrinare. Spostamenti, ascensioni, fughe… L’errare (anche nel senso di sbagliare) come propensione che proviene dalla parte più recondita dell’uomo.
Viaggi che si compiono, non solo nello spazio fisico, ma nel profondo dell’esistenza.
Ma come si coniuga il bisogno di auto-realizzazione, con l’accettazione del limite? È possibile crescere e migliorarsi, accarezzando con indulgenza i propri difetti?
L’autore si sofferma a più riprese su questo dilemma. Tutto il testo gravita attorno al delicato equilibrio tra esigenza di miglioramento e accettazione di sé, tra indulgenza e indolenza e, in ultima istanza, tra ragione e intuizione.
Nella società del nostro tempo, orientata alla performance, che esige livelli sempre maggiori di visibilità, spinge verso traguardi grandiosi, abbonda di messaggi motivazionali e filosofie auto-affermanti, il libro di Battista Borsato alleggerisce il cuore. È un piccolo luogo dove riprendere respiro. È una chiamata a ricontattare la dimensione autentica dell’esistenza.
Ponderato, interrogante, mai pretenzioso o dogmatico, l’autore ricorre a un linguaggio ricercato ma chiaro, anche se a tratti ripetitivo (ma repetita iuvant, i latini dicevano anche questo).
Consigliato a chi ha già interrotto la dieta post-festività. A chiunque voglia perdonarsi, e perdonare.
Edizione esaminata e brevi note
Battista Borsato, presbitero e teologo della diocesi di Vicenza, è direttore di Casa Mamre, un centro diocesano di educazione all’amore e all’affettività e di consulenza matrimoniale. Condivide il servizio pastorale nell’Unità Pastorale di Schiavon e di Longa (Vicenza). Docente all’Istituto teologico di Monte Berico, è membro della redazione della rivista Matrimonio. Per EDB ha pubblicato di recente: Il sapore della fede. Accendere il desiderio; Credere fa bene; Un Dio umano. Per un cristianesimo non religioso; Il coraggio di essere felici. Beatitudini per il nostro tempo e Non maestri ma discepoli.
Battista Borsato, Etica dell’imperfezione. L’uomo e il suo limite, EDB 2019.
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