Marcacci Otello

Tempi Supplementari

Pubblicato il: 4 Aprile 2020

I “tempi supplementari” sono previsti in molti sport, ma per noi italiani sono principalmente collegati al calcio. Tuttavia il titolo inganna, in questo libro, il calcio fa solo da sfondo, è un mezzo, uno strumento narrativo intorno alla quale si snoda il resto della vicenda.

Le pagine seguono cronologicamente le vite di un gruppo di ragazzi che frequentano la stessa colonia estiva maremmana, la Stella Maris di Marina di Grosseto. S’inizia dal 1975: il punto di vista è quello di Giacomo, uno dei ragazzini, che ci parla in prima persona. La colonia è gestita da una suora particolare, Suor Maria, donna dalle idee decisamente liberali ed innovative e che nella sua colonia accetta più o meno tutti e non solo i figli di cattolici praticanti. Ragazzi come per esempio David, figlio di ebrei osservanti e che indossa sempre la sua brava kippah, oppure Cristiano, omosessuale praticamente dichiarato.

Contrapposta alla Stella Maris, c’è la colonia estiva di Cottolengo, gestita da Padre Albini, il quale adotta una politica molto più restrittiva, ha idee più “tradizionali” e raccoglie quella che si crede essere la “meglio gioventù” maremmana. Proprio il Cottolengo decide di sfidare ad una partita di calcio la Stella Maris. La proposta viene accettata da Suor Maria, che nomina Giacomo capitano e lo incarica di mettere su una squadra. Ne viene fuori un’amorevole accozzaglia di ragazzini armati di buone intenzioni fino ai denti ma calcisticamente poco dotati. Tra questi anche due ragazze, cosa decisamente inusuale ma che ben rispecchia lo spirito della colonia. La partita si svolge in agosto, a Grosseto, una volta tornati dalle colonie ed è un momento che nel bene o nel male, segnerà le vite dei vari personaggi.

Dopo la partita, il libro fa un balzo in avanti fino al 1998: ci ritroviamo così con gli stessi personaggi intorno ai trentacinque anni. Ognuno ha preso la sua strada, bella o brutta che sia. Si confrontano con sogni infranti, rassegnazioni, delusioni e tutte le varie vicende che fanno parte della vita di ognuno. In tutto questo, Giacomo e i suoi compagni riescono a rimettere insieme le due squadre e organizzano un secondo atto di quella partita. Quasi un modo per esiliare i loro problemi per qualche ora e cercare di ritrovare quello spirito ormai perduto.

Alla fine di questa seconda partita, abbiamo un altro balzo temporale, eccoci quindi nel 2020: ancora una volta ci confrontiamo con gli stessi personaggi, ormai avviati verso la vecchiaia e ancor più cambiati dal loro vissuto, che sembra essere stato particolarmente duro per la maggior parte di loro. Giacomo, ancora una volta, supportato dagli altri amici più stretti, riesce a organizzare un terzo atto della partita, una sorta di saluto e di ringraziamento finale che infatti segna anche la fine della storia.

Il libro è indubbiamente scritto bene, le pagine scorrono veloci, i personaggi sono facilmente riconoscibili e ben definiti, la trama si mantiene consistente lungo tutta la storia. Tra le tre parti, corrispondenti appunto alle tre diverse fasi delle loro vite, la prima è forse la meglio riuscita: il punto di vista dei ragazzini, la spensieratezza dei lunghi mesi estivi, l’importanza della partita, i primi amori, un ben riuscito gioco di “buoni” della colonia Stella Maris, contro i “cattivi” del Cottolengo. Tutto questo viene lentamente fatto a pezzi nel resto del libro: i personaggi cadono, a volte si rialzano, a volte no, si confrontano con una vita molto spesso deludente e che non li soddisfa, problemi “adulti” che non risparmiano nessuno e Giacomo in particolare, sembra cercare di evitare fino alla fine. Queste partite diventano una sorta di rito spiritico che cerca di riportare in vita qualcosa che non c’è più.

Attenzione però, la prima parte più spensierata un po’ illude, questo libro non lascia il lettore con una bella sensazione: l’autore, Otello Marcacci, ci offre una visione fosca, quasi crudele, di una serie di vite costellate di errori, insicurezze, e perfino ineluttabili sfortune che colpiscono tutti senza distinzioni. Nostalgia è forse la parola chiave del libro, e una volta conclusa l’infanzia ci troviamo davanti solo un lungo e ineluttabile declino lungo la quale possiamo solo sperare di non soffrire troppo. Molto significativa in questo senso è la frase che conclude la prima parte del libro e a dirla è proprio il protagonista, Giacomo: “Sono diventato grande il 3 agosto 1975, giurando che da quel momento non mi sarei mai più innamorato in vita mia. Ma si sa, i grandi mentono spesso. Soprattutto a se stessi.”

Un libro quindi nostalgico, forse tragico, ma anche appassionante e a tratti spiritoso, direi agrodolce con uno marcato sbilanciamento sull’agro. Lo consiglio a chi ha voglia di filosofeggiare un po’ sulla vita in generale e a chi ha voglia di leggere una bella storia triste.

Edizione esaminata e brevi note

Otello Marcacci, è nato a Grosseto il 13.3.1963. Laureato in Economia. Vive a Lucca circondato da casini, donne, sogni da realizzare, tasse da pagare, libri da leggere, sei elettroni, vicini inquietanti, ordini angelici di Serafini e tormentato da una maledetta ernia iatale e dalla saudade per le vecchie storie degli anziani.

Otello Marcacci, “Tempi Supplementari”, Edizioni Ensemble, Roma, 2020.

Otello Marcacci in Lankenauta.