Hopkins Rob

Immagina se…

Pubblicato il: 27 Febbraio 2021

Proprio in questi giorni in cui si fa un gran parlare di transizione ecologica, energetica – tutti progetti calati dall’alto e ad alto rischio greenwashing, volendo usare un’espressione molto di moda – crediamo che risulterebbe molto salutare scendere ad un livello di concretezza come quello proposto da Rob Hopkins, un autentico apologeta dell’immaginazione. Perché il bello che viene raccontato, in “Immagina se…” sono un ampio repertorio di sogni realizzati; ovvero aver voluto collegare, coniugare l’immaginazione alla vita concreta di tutti i giorni e così creare il futuro che vogliamo. Oppure, per dirla altrimenti, per contribuire a “realizzare finalmente un mondo migliore”. Detto così potrebbe sembrare il solito esercizio retorico e stucchevole di qualche guru mainstream. La realtà, quella proposta da Rob Hopkins, per nostra fortuna, trova riscontro nella pratica del movimento delle Transition Towns (Città di transizione). Movimento che vuole attuare una “transizione” ad una società più sana e ad un’economia capace di adattarsi ai cambiamenti, senza per questo lasciare morti e feriti sul campo. Insomma, con l’obiettivo di un approccio alla vita di tutti i giorni meno coinvolta nella corsa sfrenata alla produttività, alla velocità in ogni campo dell’esistenza. Pagina dopo pagina, con molte citazioni importanti che confortano l’idea che “grazie all’immaginazione siamo capaci di cambiamenti enormi”, Hopkins ci propone tutta una serie di casi autentici – non soltanto immaginati ma prima immaginati e poi concretizzati – in cui dei piccoli gruppi di cittadini, soltanto per fare alcuni esempi, si sono presi cura “degli spazi pubblici, restituendo le strade ai bambini, coltivando ortaggi intorno alle fermate degli autobus, sfruttando le risorse in modo più sostenibile”.

Percorsi creativi “puntiformi”, come giustamente sottolinea Cristiano Bottone nella postfazione, che quindi “partono da una persona o da un piccolo gruppo e si trasformano in percorsi collettivi, ma non di massa” (pp.241). Ma non per questo meno importanti o da considerarsi delle manifestazioni un po’ naif e nulla più; perché è un dato di fatto che le vere rivoluzioni non esplodono mai all’improvviso, piuttosto prendono via via corpo da situazioni trasversali per lungo tempo poco appariscenti. Fedele al suo approccio inteso “a superare la dicotomia uomo – ambiente” – cito dalla prefazione di Mario Tozzi –  Hopkins ha intitolato ogni capitolo “Come sarebbe se…”, e poi più specificatamente: “se prendessimo il gioco sul serio?”, oppure “se considerassimo l’immaginazione essenziale per la nostra salute?”, “ci lasciassimo guidare dalla natura?”, “combattessimo per riappropriarci dell’attenzione?, “la scuola coltivasse l’immaginazione dei giovani?”, “se diventassimo narratori più abili?”, “se i nostri leader ritenessero prioritario coltivare l’immaginazione?”. Tutte iniziative vissute con grande entusiasmo – si coglie perfettamente dallo stile coinvolgente di Hopkins – mai descritte come un puro e semplice intuito del singolo, ma sempre supportate dalla citazione di studi di grandi pedagogisti, sociologi, scienziati. E quindi occasione anche per i più scettici per considerare con altri occhi le idee soltanto apparentemente più stravaganti contenute nel libro.

In altri termini a quell’immaginazione al potere, frase iconica coniata da Marcuse, in “Immagina se…” si aggiunge una sensibilità per la natura assolutamente pervasiva che davvero potrebbe curarci dalla follia della produttività a tutti i costi – quella che inaridisce la propria inventiva e di fatto la propria salute – propagandata anche dagli pseudoecologisti, spesso lobbysti per una cementificazione colorata di verdolino, che tanto si preoccupano dell’integralismo ecologista.

Infatti uno dei capitoli del libro che più ci è piaciuto è stato “Come sarebbe se…combattessimo per riappropriarci dell’attenzione” dedicato alla nostra ormai cronica dipendenza digitale: “Dobbiamo sbarazzarci dell’idea che il multitasking sia una modalità lavorativa sostenibile. Non lo è: significa solo fare più cose peggio” (pp.103). Contro il “capitalismo della sorveglianza”, auspicando un vero e proprio “diritto alla disconnesisone”, Hopkins, cita Shoshana Zuboff, Douglas Rushkoff e Sherry Turkle e ricorda quanto ormai la cosiddetta rivoluzione digitale “che credevamo portatrice di libertà e fonte di immenso impulso all’immaginazione” abbia semmai causato l’effetto opposto: “Abbiamo avuto una storia d’amore con una tecnologia che ci appariva magica. Ma come in ogni grande magia, essa funzionava assorbendo interamente la nostra attenzione e impedendoci di vedere altro oltre  a quello che il mago voleva che vedessimo. Ora siamo pronti a reclamare la nostra attenzione: per sperimentare la solitudine, per i nostri amici, per la società” (pp.108).

Peraltro Hopkins non ci tiene affatto a passare per un utopista, semmai il contrario: “Ho scritto questo libro perché volevo rimettere l’immaginazione al centro del nostro modo di pensare al futuro e di chiederci che genere di futuro potremmo creare (perché possiamo ancora crearlo!): non un domani perfetto, utopistico, ma uno che riconosca i nostri limiti imposti dalle circostanze come opportunità e reagisca con immaginazione e dedizione, ponendo le condizioni perché alla fine ‘riusciamo a scamparla’” (pp.228). Tutti gli esempi per riaccendere la nostra immaginazione, per riaffermare un pensiero creativo e positivo ormai in declino, piuttosto che con Marcuse e il molto politico “L’immaginazione al potere”  – che nel suo tempo poco considerava i problemi della sopravvivenza e dell’ecologia – potrebbero essere  forse meglio ricondotti sotto la frase di Albert Einstein; soprattutto in un’epoca nella quale si parla di “crescita felice” (cit.) affidandoci ancora una volta alle consuete ricette che vogliono dire consumo, velocità, erosione di risorse: L’immaginazione è più importante della conoscenza. La conoscenza è limitata, l’immaginazione abbraccia il mondo, stimolando il progresso, facendo nascere l’evoluzione”.

Edizione esaminata e brevi note

Rob Hopkins, (1968) è un attivista e scrittore inglese, specializzato in temi ambientali. È conosciuto soprattutto per essere il fondatore del movimento Città di Transizione.

Rob Hopkins, “Immagina se…”, traduzione di Irene Annoni, prefazione di Mario Tozzi, postfazione di Cristiano Bottone, Chiarelettere (collana “Reverse”), Milano 2020, pp. 288.

Luca Menichetti. Lankenauta, febbraio 2021