Sceresini Andrea, Giroffi Lorenzo

Ucraina. La guerra che non c’era

Pubblicato il: 23 Aprile 2022

“Ucraina. La guerra che non c’era” altro non è che la tempestiva ristampa del precedente “Ucraina. La guerra che non c’è”, arricchita da un’intelligente prefazione. La cronaca di Sceresini e Giroffi, anche se fa riferimento al 2014, risulta infatti di questi tempi più che mai necessaria avendo in mente quanto scrivono i due autori verso la conclusione del loro libro: “All’improvviso vieni avvicinato da decine di persone che non hanno mai messo piede nel Donbass ma che, nel calduccio delle proprie case, si sono fatte un’idea ben precisa di quello che sta succedendo. Hanno deciso già tutto: chi ha ragione e chi torto, dove sta il giusto e dove lo sbagliato. Il guaio è che non ti ascoltano ma cercano di convincerti. Il tuo ruolo è già scritto: non sei un giornalista, un testimone, ma un potenziale fabbricatore di conferme […] In questi cento giorni, man mano che uscivano i nostri reportage, ci sono piovuti addosso nubifragi di insulti. Siamo stati bollati come putiniani e servi della Nato a seconda delle circostanze” (pp.258). Questo accadeva nel 2015, ma immaginiamo che soprattutto oggi, in presenza dell’aggressione russa all’Ucraina, visto il clima di fanatismo montante, sia in forza del putinismo degli antiputiniani sia dei putiniani autentici, un qualsiasi cronista che azzardi fare davvero il suo mestiere – e non limitarsi alle ospitate televisive –  finisca per essere insultato. Mestiere che a quanto pare hanno fatto in pochi, se non appunto Sceresini, Giroffi e la minoranza dei coraggiosi freelance che al tempo hanno affrontato i pericoli delle trincee, della guerra del Donbass, assistendo, tra le sempre presenti macerie, alla gestione degli obitori di frontiera, in mezzo al terrificante fetore di morte; mentre la grande stampa, pur in presenza di un tale conflitto nel cuore dell’Europa, relegava le notizie in secondo piano.

“Ucraina. La guerra che non c’era” – opportuno chiarirlo subito – non affronta i complessi problemi di geopolitica di cui, a quanto pare, gli italiani si sono scoperti espertissimi e privi di dubbi; semmai è il racconto della vita ordinaria in tempo di guerra, dove Sceresini e Giroffi, in quanto “cacciatori di storie”, si immergono negli eventi raccontando “le vite singole, non i cambiamenti macroscopici – militari, politici, economici”. Da qui gli incontri ai due lati opposti delle trincee, in cui il virus del nazionalismo sembra aver contaminato entrambi gli schieramenti, tanto da far dire ai due autori che “Il nostro Donbass è stato soprattutto questo: una terra di pazzi sognatori, disperati e criminali” (pp.11). Pazzi e criminali di diversa provenienza ideologica – tra cui giovani e meno giovani comunisti e fascisti italiani ubriachi di ideologia o forse più semplicemente in cerca di un ruolo che altrove non avevano – tutti insieme a combattere contro altri pazzi criminali: “A Donetsk [ndr: capitale de facto dell’autoproclamata Repubblica Popolare di Doneck] c’era di tutto: fanatici stalinisti, nostalgici dello zar, integralisti ortodossi, fascisti, ultranazionalisti. C’era chi si arruolava per costrizione e chi per dovere, esattamente come dall’altra parte del fronte” (pp.12). Le voci dal fronte filorusso, in cui si mescolano verità, fantasia, propaganda, risultano a volte meno putiniane di quanto si possa pensare, semmai particolarmente ingenue: “Noi non vogliamo mica annetterci alla Russia. Semplicemente non riconosciamo più il governo di Kiev, quindi la nostra gente con un referendum democratico ha deciso di dichiarare autonomia” (pp.38). Sempre sul fronte del Donbass separatista i due cronisti hanno conosciuto il comandante Givi, descritto “a metà strada tra il pazzo e il criminale”, come il comandante Aleksandr Zakharchenko, ambedue successivamente uccisi durante la guerra. Ma accanto a queste figure divenute leggendarie grazie alla retorica bellicista, ancora una volta Scerisini e Giroffi hanno colto le voci autentiche di coloro che si sono trovati in mezzo a questa mattanza: “E’ una guerra schifosa […] Siamo fratelli che ammazzano altri fratelli, ecco cosa siamo, semplicemente questo” (pp.98). Come la voce del povero e giovanissimo disgraziato che “credeva di venire a combattere per la rivoluzione” e invece “è finito impantanato in una lotta tra nazionalismi slavi” (pp.100).

Lotta tra nazionalismi che, a Kiev, si confonde con l’opposizione alla minoranza comunista, “uno strano mix di sciovinismo e stalinismo”. Ma il nazionalismo che appare più inquietante è quello rappresentato da coloro che hanno sdoganato la figura di Stepan Bandera – dagli oligarchi “buoni” come Poroshenko agli attivisti di Pravyj Sektor , elettoralmente minoritario ma, a detta di Sceresini e Giroffi, molto presente nelle strutture militari e di polizia. La gestione del conflitto risponde a questa logica, tra “arruolamento volante” di dodicenni, in mezzo a uomini in divisa la cui unica speranza “è che la destra ultranazionalista faccia il pieno di voti: solo allora potrà essere scatenata la grande offensiva che porterà alla vittoria e allo sterminio del nemico”. Anche se fortunatamente in quegli anni lo scenario si rivelerà utopistico che “a seggi chiusi si scioglierà come neve al sole” (pp.173). Peraltro, in questo gran marasma ideologico e umano tenuto insieme dal potere degli oligarchi russi ed ucraini, appare significativa la presenza italiana durante le elezioni farsa dei parlamenti delle Repubbliche di Donetsk e Lugansk. Il 2 novembre 2014 Sceresini e Giroffi, di ritorno da Kiev, erano presenti e incontrarono alcuni componenti dell’Asce – presunta commissione di controllo dal nome simile all’Osce – costituita da esponenti per lo più dell’estrema destra europea ma anche da quattro italiani, tra cui il senatore di Forza Italia Lucio Malan e l’ex senatore Fabrizio Bertot, “apertamente filorusso, come tanti imprenditori del Nord Italia”.

“Ucraina. La guerra che non c’era”, scritto con uno stile che ricorda i migliori reportage di guerra, rappresenta una lettura importante per tutti. Ma soprattutto, come giustamente scrivono i due autori, per i “grandi soloni, qualunque sia il loro orientamento”, invitati giustamente ad andare a Donetks, dove “forse si sporcheranno i piedi di merda, ma di certo impareranno il silenzio” (pp.258).

Edizione esaminata e brevi note

Andrea Sceresini è nato a Sondrio nel 1983. Giornalista freelance, è autore di molte inchieste e reportage di guerra per «La Stampa», «Il Foglio», «Il Fatto Quotidiano» e «l’Espresso».
Tra i suoi libri: Io sono l’impostore. Storia dell’uomo che ci ha fregati tutti (Il Saggiatore 2017), Piazza Fontana. Noi sapevamo. (Mimesis 2017), Internazionale nera. La vera storia della più misteriosa organizzazione terroristica europea (Chiarelettere 2017), La seconda vita di Majorana (Chiarelettere 2016), Mai avere paura. Vita di un legionario non pentito (Chiarelettere 2016), Ucraina. La guerra che non c’è (Baldini e Castoldi 2015), L’ avvocato del diavolo. I segreti di Berlusconi e di Forza Italia nel racconto inedito di un testimone d’eccezione (Chiarelettere 2014), Le case della libertà (Aliberti 2011), Il signor Billionaire. Ascesa, segreti, misteri e «coincidenze» (Aliberti 2011). Ha vinto il premio Dig (ex Ilaria Alpi) nel 2016. Ha inoltre vinto i premi Igor Man e van Bonfanti per le sue corrispondenze dall’Ucraina. Ha realizzato reportage e documentari per la Rai, Mediaset, la tv svizzera e Sky; attualmente lavora per LA7.

Lorenzo Giroffi è nato a Casagiove nel 1986. Giornalista freelance, ha vinto con i suoi reportage il premio “Reporter contro l’usura”, il premio di giornalismo internazionale “Maria Grazia Cutuli” e quello dedicato a Ivan Bonfanti. Ha realizzato inchieste sulle rivoluzioni in Tunisia ed Egitto, sugli affari della camorra, sulle periferie londinesi, sul conflitto nel Donbass, sul golpe in Burkina Faso, sul mercato africano dell’oro clandestino e sulla crisi venezuelana. Tra i suoi libri: Visioni Meccaniche (2011), Il mio nome è Kurdistan (2014) e Ucraina. La guerra che non c’è (con Andrea Sceresini, 2015).

Andrea Sceresini, Lorenzo Giroffi, “Ucraina. La guerra che non c’era”, Baldini + Castoldi (“Le Boe”), Milano 2022, pp. 272.

Luca Menichetti. Lankenauta, aprile 2022