Perosino Maria

Le scelte che non hai fatto

Pubblicato il: 21 Settembre 2016

Come spesso mi succede ho trovato questo libro in biblioteca. Faccio incetta di libri nelle biblioteche dei paesi vicino a dove abito in campagna; leggo le prime pagine, poi o pianto lì e restituisco il libro, oppure continuo a leggere e a volte dopo lo compro il libro in questione. In questi giorni girando per una di queste biblioteche mi ha incuriosito un titolo: “Le scelte che non hai fatto”, di Maria Perosino. Il titolo mi riguarda direttamente, sono ossessionata dalle mie personali scelte (non fatte, fatte, e in corso). Così mi sono portata a casa il libro. Il pomeriggio del giorno dopo ho cercato notizie su Maria Perosino. Subito in google è apparsa la data di nascita: 1961 accanto a quella di morte: 2014. Sono rimasta male, mi è dispiaciuto sapere che è morta. Questa donna ha un modo di scrivere così diretto, familiare come se fosse qui a raccontarmele le sue storie invece di averle scritte a casa sua o in un ufficio o in qualunque altro posto. E così mi è nato un dispiacere come quando vieni a sapere che è morto qualcuno che hai conosciuto, con cui hai passato del tempo, giorni o serate in conversazioni intime in giardino o in camera tua o sua. Maria Perosino è una donna che mi sarebbe piaciuto conoscere, non mi capita spesso, non mi capita quasi mai. Magari le avrei scritto, a tanto che me la sentivo vicina mentre leggevo questo suo libro. Ma di cosa parla “Le scelte che non hai fatto”? Racconta delle storie, ma non hanno la struttura letteraria, non sono racconti, sono storie, sue o di altre persone, soprattutto donne. Da quanto si capisce da questo libro Maria Perosino aveva la capacità di farsi raccontare la propria storia dalle persone e aveva anche quella di osservare le persone senza farsene accorgere capendo da piccoli dettagli significativi chi fossero, cosa pensassero di sé e degli altri. All’inizio del libro ad esempio racconta di una sera che era al ristorante da sola e al tavolo vicinissimo al suo era seduta una donna di circa quarant’anni; l’autrice descrive dettagliatamente come fosse vestita e come avesse il fare disinvolto di chi in quel locale è un habitué. E poi racconta di come dopo un po’ sia arrivato suo figlio, un ragazzo che doveva avere sedici anni, allampanato e brufoloso e di come tra i due sia iniziata una conversazione piena di empatia e affetto. Poi c’è l’incontro con Olivia, una donna che anni prima Maria ha conosciuto in un bar. Va a casa sua e lei le racconta la sua storia di amori cominciati e poi finiti e poi di altri amori anche quelli cominciati e poi finiti. A questo proposito la teoria della scrittrice è che c’è un 51% di noi fatto in una certa maniera, poi c’è un 49% di noi fatto all’opposto. In determinati momenti diamo retta al primo ed in altri al secondo. In Olivia la sua parte adolescente si buttava a capofitto in storie destinate a renderla infelice fino a che l’altra parte, quella adulta, prevale e l’equilibrio è ritrovato. Molte delle donne di cui Maria Perosino racconta la storia parlano di amori e di fatiche fatte per realizzarsi in qualcosa di concreto. Oppure di vite realizzate ma anche piene di rimpianti per quello che non si è fatto e che probabilmente non si farà mai. Come è il caso di Viola, amica di vent’anni prima incontrata per caso su una spiaggia durante una vacanza. Viola è bellissima, ha un marito ricco con cui sta bene, ha due figli, ma le manca qualcosa che non sa neanche lei cosa sia esattamente; è appunto la vita che non ha fatto, la vita che avrebbe potuto fare, ma che per una che ha sempre programmato tutto non era possibile neanche immaginare. Come quel viaggio in Oriente con un ragazzo inglese che “naturalmente” ha rifiutato di seguire. Rimpiange, confida a Maria, di non aver guardato oltre “il paesaggio che avevo coscienziosamente recintato”. C’è per tutto il libro questo andirivieni tra passato e presente, vent’anni fa la scrittrice ha conosciuto un’amica, poi l’ha persa di vista e e dopo tutti quegli anni la rincontra e le chiacchiere riprendono da dove si erano fermate vent’anni prima e in mezzo c’è stato il vissuto e il non vissuto, ma soprattutto il non vissuto, perché le scelte che non si sono fatte sono molte di più di quelle che si sono fatte. È una specie di rincorsa all’indietro per cercare di rivivere certi magici momenti del passato; in effetti sì, è per questo che andiamo a cercare gli amici di un tempo, del tempo felice per specchiarci in loro e vedere come siamo noi ora, e riacchiappare il filo che ci tiene legati a quel passato magico. Maria ad esempio ritorna a Venezia da “Nico” alla Zattere dove aveva bevuto vent’anni prima uno spritz con la sua amica Elisa, “nell’ingannevole convinzione che lì avrei rivisto le mie vite possibili, quelle che avevo lasciato perdere”. Ma la cosa non funziona, le emozioni non arrivano, quel luogo non le parla, non le dice più niente. E così per ritrovare quel momento invita Lisa a cena e mentre si prepara e prepara le varie portate (l’autrice è una vera professionista in fatto di cucina) pensa a quello che avrebbe potuto fare da quello spritz in compagnia di Lisa nei successivi vent’anni , ad esempio sposarsi, avere una carriera universitaria, una casa con il mutuo. Ci rimugina su queste tre possibilità, ma poi si dice che in realtà non è che si sceglie tra fare una cosa o un’altra, le cose accadono, la vita avviene. Poi Lisa arriva per la cena, e le amiche si raccontano le cose fatte; Lisa è una donna realizzata, nel lavoro e nella vita familiare, ma sente che le cose hanno preso il posto della sua volontà, una cosa da fare ne richiama un’altra e lei non ha più neanche il tempo di chiedersi se quello che sta facendo è proprio quello che vuole; Maria le racconta che c’è stato un momento in cui credeva di essere sul punto di vivere grandi cose, un nuovo amore, un lavoro appassionante, molte amiche. Ma poi l’entusiasmo era scemato ed erano rimaste tante felicità a piccole dose quotidiane. Ci sono altre storie in questo libro, e c’è un capitolo che le racchiude tutte, quello sulla nostalgia. Quella delle vite non vissute, naturalmente, ma solo sognate. Sono belle a vedersi, ad immaginarsi, ma hanno un difetto, hanno sempre un lieto fine. Giustamente dice la scrittrice a questo proposito: “L’unica vera rivincita che si prende questa vita non vissuta e continuamente rimpianta è togliere ogni luce alla vita che si vive davvero”. Un’ultima considerazione mi viene di fare; scrivendo questo testo mi sono riguardata parti del libro che avevo già letto pensando mentre lo leggevo che fosse “solo” un bel libro di storie; è qualcos’altro e di più, di più profondo, è un trattato filosofico-esistenziale sull’importanza dell’immaginazione, dei sogni ad occhi aperti, del riflettere e vivere le vite mai vissute ma desiderate e per i casi della vita mai percorse. Ma invece di usare il linguaggio della filosofia Maria Perosino racconta storie metaforiche della sua visione filosofica su quel che siamo e quello che avremmo voluto/potuto essere. È vita vissuta anche questa, è reale come quella che solo apparentemente chiamiamo vita vera.

Edizione esaminata e brevi note

Perosino Maria (Torino, 10 dicembre 1961 – Torino, 16 giugno 2014), giornalista, scrittrice, editrice, curatrice di mostre e responsabile della realizzazione dei numerosi cataloghi. Nel 2012 iniziò la sua carriera letteraria con il libro Io viaggio da sola. Roberto Gilodi ha scritto un toccante ricordo di Maria Perosino nella rivista Doppiozero:  http://www.doppiozero.com/materiali/ricordi/maria-perosino-una-socievolissima-solitaria 

Maria Perosino, Le scelte che non hai fatto, 2014, Einaudi, pp. 200, € 16,50