Savičević Olja

Il cantante nella notte

Pubblicato il: 10 Aprile 2019

Allora, io mi chiamo Naranča Peović. Io sono un’arancia gialla, da fuori. Ho le labbra di silicone, ho una pettinatura brasiliana, guido una Mazda MX-5 cabrio per due persone, dorata, ma sono un’arancia nera, di dentro. Piena di succo nero“. Un’arancia gialla fuori, un’arancia nera dentro. L’immagine rende. Naranča, in croato, vuol dire arancia. Così come Slavuj vuol dire usignolo. Di Naranča abbiamo il racconto in prima persona del viaggio a Spalato, verso la remota provincia bosniaca, senza dimenticare di passare anche per Zagabria e Lubiana, alla ricerca di Slavuj, suo primo grande amore. A quanto pare nessuno sa che fine abbia fatto Slavuj. Il cellulare è morto da tempo, il suo conto è chiuso da mesi, il suo blog non viene più aggiornato. Nessuno sembra davvero preoccupato per la scomparsa del poeta visionario. A parte la sua primissima moglie Naranča che, nonostante non abbia più contatti con lui da alcuni anni, pare l’unica interessata a capire dove sia finito.

Via Dinko Šimunović (famoso scrittore croato vissuto tra otto e novecento) numero 35 a Spalato. Qui viveva Slavuj e qui avevano vissuto Slavuj e Naranča al tempo in cui la loro relazione aveva un senso. Ora a quell’indirizzo vive solo un amico di Slavuj che si chiama Pironi. “È andato a cercare una tipa che due, tre anni fa gli ha fatto un figlio. Forse è a Livno o a Tuzla o alla fine del mondo. Se vuoi saperlo, non vale la pena cercarlo. Meglio se aspetti che si faccia vivo“. Ma Naranča ha bisogno di trovarlo così come cerca di ritrovare se stessa in luoghi e memorie che, pian piano, irrimediabilmente svaniscono. Ha avuto un serio incidente d’auto Naranča, non è morta ma qualcosa nella sua testa ha smesso di funzionare come avrebbe dovuto. Le sue conoscenze e i suoi ricordi evaporano senza che lei riesca a fermarli, anche Slavuj potrebbe perdersi in questo progressivo spegnimento. Per queste ragioni Naranča gira con un registratore acceso, lì salva e deposita la sua vita e ciò che sa dei suoi sentimenti. In questo modo protegge la sua storia e il suo essere se stessa. La paura della dimenticanza la spaventa come dovrebbe spaventare tutti. “Ma cosa rimane dopo la morte se prima di essa si dimentica tutto? Che cosa muore? Quando le cose si ribaltano, e l’oblio anticipa la morte invece che la morte l’oblio? Forse è un meccanismo di difesa quello del corpo che decade rapidamente quando l’oblio lo svuota“.

Naranča ha sempre amato scrivere. Un po’ per caso un po’ per talento ha saputo tramutare questo dono in un mestiere che l’ha resa ricca. Scrive sceneggiature per soap opera che spopolano in TV. Ha conquistato indipendenza, agiatezza e celebrità eppure ha perduto Slavuj, l’amore suo più grande. E di Slavuj le restano lettere ritrovate in una scatola sulla barca di loro proprietà. Lettere che Naranča ci legge e ci trasmette. Lettere sognanti e liriche, lettere visionarie e allucinate, lettere di cuore d’artista, di poeta di strada. “Diceva: quando i poeti hanno abbandonato le strade, è venuto il cattivo tempo per la poesia. Perché i primi poeti erano di strada: nobili accattoni omerici qualche villon fuori legge, dei byron che classicamente zoppicano all’altra estremità della legge, poi i beat, i loro lontani cugini cendrars, brigate intere di bukowski, un po’ di bolaño, di kamov, ujević, sever, di reporter dalmati, rapper… teneri decadenti, anonimi pittori e scrittori di graffiti, Banksy e altri, e troppe poche donne, poetesse, (forse, se allarghiamo il campo, Tracey Emin? Nin, Anaïs?) perché per loro vagabondare a lungo nei secoli e troppo sono inciampate nelle gonne e nei bambini“.

E di poesia o di pensieri sulla poesia, in questo sorprendente libro, ce ne sono molti. Il lirismo è dentro la penna della bravissima Olja Savičević, indubbiamente, così come ci sono citazioni, richiami e menzioni famose. Il viaggio di Naranča attraverso le terre, attraverso le lingue, attraverso i sogni e le radici compongono un magnifico romanzo che è al tempo stesso ricerca e delirio, rimpianto e poesia, senza tralasciare le osservazioni pungenti, tinte d’amaro sarcasmo, nei riguardi dei vari nazionalismi che, in Croazia ma anche altrove, hanno condotto alla guerra della ex Jugoslavia. La ricerca di Naranča Peović è un viaggio nel tempo, nello spazio, nella coscienza, nella speranza. Trovare Slavuj Mitrović, alla fine, è una spinta emotiva importante ma non necessariamente lo scopo da perseguire a ogni costo. Slavuj è da qualche parte, ovviamente, ma poi importa davvero? “Lo troverò. Il mondo è limitato, il tempo è infinito“. Basta questo.

Edizione esaminata e brevi note

Olja Savičević Ivančević è nata a Spalato nel 1974. Scrittrice e poetessa, è autrice di diverse sillogi e dei romanzi “Adio kauboju” (Addio, cowboy) uscito nel 2010, e “Pjevač u noći” (Il cantante nella notte) del 2016, pubblicati entrambi in Italia dall’editore L’Asino d’Oro. Con “Adio kauboju” Olja Savičević ha vinto il premio T-portal per il miglior romanzo e il premio Slobodna Dalmacija per l’arte; dal romanzo è stato tratto anche un adattamento teatrale. Cura rubriche su diversi giornali e siti e scrive anche adattamenti e drammaturgie originali per il teatro. I suoi romanzi sono tradotti in una decina di lingue.

Olja Savičević, “Il cantante nella notte“, L’Asino d’Oro Edizioni, Roma, 2018. Traduzione di Elisa Copetti. Titolo originale “Pjevač u noći” (2016).

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