
Pubblicato per la prima volta nel 2014 il saggio di Matteo Luca Andriola è da poco tornato tra gli scaffali delle librerie con una nuova edizione notevolmente ampliata; e per motivi facilmente intuibili: la necessità di analizzare il successo elettorale di partiti definibili di destra come quelli di Salvini, di Marine Le Pen, nonché le perduranti fortune di personaggi come Dugin e la sua Quarta Teoria Politica; e Steve Bannon, la cui Alt-Right statunitense ha iniziato a tessere le sue trame anche in Europa. In sostanza un’indagine su come siano stati abbandonati – spesso ma non sempre – certi noti riferimenti storici “per attingere a una parte del pensiero che un tempo apparteneva alla sinistra”; e così, malgrado – e a volte grazie a – le accuse di populismo, neofascismo, razzismo, giungere a veri e propri trionfi elettorali.
L’autore lo ha chiarito esplicitamente: “Ho deciso di aggiornare la prima edizione del mio libro davanti a fenomeni quali la Brexit in Inghilterra, l’elezione di Donald Trump negli Stati Uniti e il crollo dei partiti storici europei, nonché l’ascesa di movimenti populisti di vario tipo, specie collocati a destra. A dimostrazione della centralità del fenomeno populista in Europa e della diffidenza crescente delle masse popolari verso i partiti tradizionali, identificati come i responsabili della crisi politica. È in questo vuoto che fa breccia la strategia egemonica dei circoli che gravitano attorno ai partiti populisti, che si identificano nelle tesi della Nouvelle droite e nelle riflessioni del filosofo francese Alain de Benoist. Tutto questo in una fase in cui il grosso della sinistra si trova sprovvista di una strategia politica, e soprattutto culturale, per uscire dalla crisi”. Il punto di partenza di questo ampio e densissimo saggio di Andriola – lo leggiamo nel sottotitolo – è appunto il pensiero di un intellettuale spesso frainteso, ovvero Alain de Benoist, artefice di una Nuova Destra intellettuale, che potremmo definire “metapolitica”, e che, almeno nelle intenzioni dello stesso de Benoist, per molti aspetti disdegna la stessa definizione di destra.
La “Nouvelle droite”, come ben chiarito da Andriola, ha voluto dire un netto distacco dalla destra storica conservatrice e radicale e quindi una rielaborazione culturale in senso anti-imperialista, anti-globalizzazione, anti-utilitarista, anti-euro: oggi in prima linea a “criticare con forza il predominio del mercato sulla politica, a presentarsi in difesa delle classi sociali più deboli, mentre la sinistra ha assorbito l’impianto ideologico del neoliberismo/ordoliberismo” (dalla prefazione di Giovanna Cracco). Queste le premesse. Diventa poi difficilissimo sintetizzare compiutamente i contenuti di un’opera che, ripetiamolo, è ampia e nel contempo apprezzabile per completezza e capacità di sintesi. Giusto un refuso tipografico a pag. 236 – Randolfo Pacciami per Randolfo Pacciardi – ma nel complesso una trattazione che si presenta meticolosa nel suo intento di raccontare le destre europee “post-industriali” e di svelare cosa davvero esiste dietro parole d’ordine stereotipate. Destre che, ribadisce l’autore, “a differenza dei fascismi del Novecento, presentano tra loro differenze anche di grande rilievo, radici e storie diversissime – non necessariamente legate a quella del radicalismo di destra – e percorsi evolutivi (o involutivi) personali. Tutti questi populismi di destra, però, sono accumunati dal presentarsi all’elettorato come i bastioni e i difensori della comunità (nazionale o regionale, come si è visto, in certi ambienti non è una sostanziale differenza, e i termini tendono a diventare sinonimi), della civiltà europea o occidentale, dell’identità cristiana contro i pericoli che possono essere l’Islam, l’immigrazione, la società multirazziale o, dal 2008-2009 in poi, la crisi economica e i grandi squilibri creati dalla globalizzazione” (pp.395).
Riguardo “l’identità cristiana” vediamo subito una differenza abissale tra la “destra” antitotalitaria immaginata da de Benoist e i movimenti che in parte hanno accolto suggestioni e idee del filosofo francese, intento semmai a proporre una “strategia egemonica culturale” tale da dialogare al di là della destra e della sinistra. Scrive Andriola che “la critica culturale al cristianesimo fatta dal Grece [ndr: l’associazione nazionalista fondata nel 1968 da Alain de Benoist e i cui componenti negavano di essere fascisti e di estrema destra] e dai principali circoli neodestri d’Europa è molto più radicale di quella mossa da un filosofo come Julius Evola. La società ideale della Nouvelle droite non è quella ghibellina, come direbbe Evola, ma quella indoeuropea precristiana” (pp.69). Strettamente legata al differenzialismo, identità ed etnonazionalismo risulta quindi l’esaltazione del paganesimo nonché lo speculare il rifiuto del monoteismo giudaico-cristiano portatore di uno snaturamento della natura umana. Un rifiuto che investe anche le categorie di destra e sinistra incapaci, secondo molti dei teorici della Nouvelle droite, di spiegare la realtà moderna, e frutto obsoleto di una civiltà liberale da superare in favore di una “democrazia organica e comunitaria”. Anno cruciale per il Grece, sempre secondo il nostro autore, è il 1999, proprio quando a Seattle nasce il movimento no global: si assiste ad una autentica svolta “antimondialista” “che in teoria allontanerebbe il pensatoio dal neofascismo, nonostante vengano mantenuti in parte dei contatti” (pp.127). Oggi de Benoist, “pur non demonizzando affatto il populista Le Pen”, fermo nel suo antiamericanismo e nel suo intento di battaglia metapolitica, ovvero ben intenzionato ad influenzare culturalmente i movimenti populisti, sarebbe ormai lontanissimo dalle idee del Front e non si identificherebbe più con la destra politica, tanto da aver attaccato duramente la xenofobia frontista.
Detto questo, e ferme restando le suggestioni esercitate dal Grece e dal filosofo francese su innumerevoli movimenti culturali e politici, va ribadito come parlare di destre populiste europee significhi parlare di una “galassia frastagliata” con alcuni comuni denominatori e differenti strategie, tra eurasiatisti, europeisti lepenisti, ala nazional-rivoluzionaria, rosso-bruni, filo-islamici e fanatici antislamici, cristiano-integralisti. Andriola infatti, dopo aver analizzato a lungo la visione filosofico-politica di de Benoist – filosofo che da giovane propugnava idee radicali di estrema destra, poi giunto a intavolare un dialogo con celebri intellettuali marxisti – nella seconda e nella terza parte della nuova edizione del libro ha approfondito vicende spesso poco note oppure malamente equivocate dalla grande stampa (vedi la scissione del presunto “moderato” Bruno Mégret) relative alle “nuove destre culturali e politiche” (spesso in netta antitesi sul piano dottrinale e geopolitico): una panoramica approfondita che parte dalla “Libera compagnia padana”, passando, tra i tanti, per il Bloc Identitarie, il Vlaams Belang, Dugin, Bannon, Salvini, Savoini e la Lega filorussa e filoamericana, il Rassemblement National di Marine Le Pen, per arrivare al recente successo elettorale di Alternative für Deutschland.
Successi che in tutta evidenza – lo scrivono sia Giovanna Cracco nell’introduzione sia diversi studiosi menzionati all’interno del saggio – sono stati incentivati, più che per i meriti di movimenti politici oggi vincenti nonostante loro grandi contraddizioni (eclatante il caso italiano della Lega filoamericana e filorussa), per i demeriti di una sinistra disastrosamente sopravvissuta alla scelta della cosiddetta “Terza via”, ormai disinteressata ai disagi dei ceti medi e popolari ed intenta a disquisire di linguaggio sessista e diritti civili. In sostanza chi ha gli strumenti culturali e materiali per fruire della globalizzazione come un’opportunità positiva ha dimenticato le paure, magari pure irrazionali, di coloro che invece dalla globalizzazione sono stati danneggiati economicamente; e quindi non c’è da meravigliarsi se poi l’argine tra destra e sinistra sia franato in netto favore di “populisti” che soltanto approssimativamente possono essere ricondotti ad un fenomeno di “Nuova destra”.
Edizione esaminata e brevi note
Matteo Luca Andriola, è nato a Saronno nel 1984. Storico di formazione, fin dall’università si è dedicato ad approfondire l’area culturale e politica della destra, divenendo uno dei principali studiosi italiani in tale ambito. È autore di numerose analisi e inchieste sull’estrema destra per la rivista Paginauno e collabora con diverse testate cartacee e online come Lettera43, Linkiesta, Il Dubbio, Stylo24 e L’Interferenza.
Matteo Luca Andriola, “La nuova destra in Europa. Il populismo e il pensiero di Alain de Benoist”, Edizioni Paginauno (collana “Saggistica), Milano 2019, pp. 476. Introduzione alla seconda edizione
di Giovanna Cracco.
Luca Menichetti. Lankenauta, novembre 2019
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