Continuano le mie letture di avvicinamento ai testi di una scrittrice che ho conosciuto da poco e che mi piacerebbe comprendere più a fondo. Ho “incontrato” Jessie Burton qualche tempo fa grazie a “La confessione“, un ottimo romanzo pubblicato da La Nave di Teseo nel 2020. Ho deciso di proseguire tornando, inevitabilmente, indietro nel tempo fino al 2014, anno in cui la Burton pubblicò la sua opera prima, “Il miniaturista”. Un romanzo che, in poco tempo, è stato letto e apprezzato da una miriade di persone. Il suo primo libro, in sostanza, ha condotto Jessie Burton direttamente tra le stelle della narrativa mondiale. Forse non è corretto fare un confronto tra il primo e l’ultimo romanzo (a oggi) della scrittrice, ma non posso nemmeno esimermi dal rilevare che il suo stile, dal 2014 al 2020, quindi da “Il miniaturista” a “La confessione”, è mutato. “La confessione” ha un procedere più immediato, guizzante e sottile rispetto a “Il miniaturista” il quale, infatti, in alcuni momenti sembra ristagnare e affondare in piccole pozze fatte di troppe parole. La sensazione è che la Burton, nel tempo, sia riuscita a liberarsi e ad alleggerirsi, stilisticamente parlando. Un progresso notevole, secondo il mio modo di percepire la letteratura.
“Il miniaturista” è stato definito un romanzo gotico o addirittura un thriller. Accettabili entrambe le categorizzazioni anche se non è poi così necessario definire schemi precisi nei quali collocare questo romanzo. L’ambientazione è di certo affascinante: la ricca Amsterdam del 1686 e 1687. Stiamo parlando di una città divisa tra l’avidità dei suoi mercanti che trasportano merci in tutto il mondo con le loro massicce imbarcazione e le severe leggi morali proclamate, quasi con ferocia, dai pulpiti delle chiese calviniste. La ricchezza o l’estrema ricchezza che deve fare i conti con la corruzione, la depravazione, il peccato, il giudizio di Dio. Petronella Oortman, detta Nella, è una giovanissima moglie che giunge, nell’ottobre del 1686, presso il canale Herengracht, in casa del ricco e più maturo marito Johannes Brandt. L’ha sposato quasi di nascosto, per una scelta fatta da sua madre. Johannes è alto, possente e, soprattutto, ricco e potente. A Nella è rimasto solo il nome della famosa casata a cui appartiene e Brandt può restituirle la ricchezza che suo padre ha dilapidato.
Vorrebbe che Johannes fosse lì ad accoglierla ma lui è in mare per comprare e vendere mercanzie quindi ad aspettarla c’è Marin, sua sorella: “È una donna, diritta, slanciata e vestita del nero più nero, con una cuffia inamidata sul capo e stirata fino a diventare una perfezione bianca. Non vi è un ciuffo che le sfugga e la donna reca con sé un profumo vago e strano di noce moscata. Ha gli occhi grigi e la bocca solenne“. La rigidità di Marin sorprende e imbarazza Petronella. Nella casa dei Brandt, la sposa è accolta con freddezza. Le stanze sono umide e gelide, gli spazi sempre in penombra, i silenzi perenni. Ci sono anche i servitori Cornelia, prelevata da un orfanotrofio cittadino, e Otto, un uomo di colore che Nella guarda con iniziale stupore. Marin, ovviamente, amministra la casa con rigore: cibo misurato, pietanze povere, nessun dolce perché lo zucchero “rende ammalati nell’animo“.
Per molte pagine seguiamo sommessamente la nuova vita di Nella, le sue perplessità, le sue difficoltà a capire e a farsi capire. Una fase che sembra dilungarsi un po’ troppo a lungo e che, forse, poteva essere trattata con maggiore ponderatezza. Superata questa parte, il romanzo sembra accendersi quasi di colpo. Gli eventi si susseguono così repentinamente e in maniera così sorprendente che chi legge non può non infiammarsi. Si capisce così che tutti, in questa storia, nascondono segreti difficili da tenere nascosti per sempre. C’è sempre qualcuno che origlia dietro una porta, qualcuno che entra all’improvviso, qualcuno che striscia nell’ombra. Nella deve crescere in fretta imparando a confrontarsi con delle realtà che non avrebbe mai potuto immaginare. Suo marito sembra sempre troppo occupato dai suoi affari, non la cerca, non la tocca, non la seduce. In compenso, però, le regala un bellissimo stipetto di legno che riproduce la miniatura della casa in cui vivono. “L’opera è di una precisione inquietante, come se la vera casa fosse stata rimpicciolita, il suo corpo aperto in due e gli organi esposti. Le nove stanze, dalla cucina della servitù, al salone, al solaio in cui vengono riposte la torba e la legna per ripararle dall’umidità, sono riproduzioni perfette degli originali“.
Petronella si sente offesa: suo marito la considera una bambina e le ha regalato un giocattolo? “È la tua casa, le ha detto il marito: ma chi potrebbe mai vivere in quelle stanze minuscole, in quei nove vicoli ciechi? Che tipo di uomo è quello che compra un dono simile, per quanto maestoso sia il rivestimento, per quanto magnifica sia la fattura dell’opera?“. Su sollecitazione di Marin, aggressiva come sempre, Nella decide di cercare un artigiano che realizzi miniature e decide di ordinare oggetti minuscoli che servano ad arredare e abbellire la casa in scala che ha ricevuto in dono da suo marito. Anche la figura del miniaturista, nonostante gli sforzi di Nella, risulta sfuggente e misteriosa. È chiaro, però, che chi realizza le miniature degli abitanti della casa sembra sapere tutto, sembra sapere troppo. Come è possibile? Le piccole figure e i piccoli oggetti che giungono tra le mani di Nella si sveleranno ogni volta in tutto il loro potere divinatorio e inquietante.
Come detto, da un certo punto in poi, il romanzo subisce accelerazioni notevoli che suscitano curiosità e anche un pizzico di gradevole sconcerto. Le atmosfere rispettano in pieno l’epoca in cui la storia è ambientata. Gli intrighi, le vendette, le ambiguità: tutto contribuisce a mantenere in fibrillazione fino a un finale che raccoglie e dipana i fili intricati dei destini dei vari personaggi. In realtà la fine è scritta all’inizio. Anzi, dopo aver terminato “Il miniaturista”, suggerisco di tornare a leggere le primissime pagine del libro per conoscere l’epilogo vero e proprio.
Edizione esaminata e brevi note
Jessie Burton è nata nel 1982 e vive a Londra. Ha studiato presso l’Università di Oxford e alla Royal Central School of Speech and Drama; ha lavorato per nove anni come attrice, prima di scrivere il suo romanzo d’esordio, “Il miniaturista”, divenuto in breve tempo uno dei casi editoriali più straordinari degli ultimi anni, con più di un milione di copie vendute nel mondo. Ha scritto inoltre “La musa” (2016) e “Ragazze scatenate” (2018), il suo primo racconto per ragazzi, pubblicati in Italia da La Nave di Teseo. I suoi libri sono stati tradotti in 38 lingue.
Jessie Burton, “Il miniaturista“, Bompiani, Milano, 2015. Traduzione di Elena Malanga. Titolo originale “The Miniaturist” (2014).
Pagine Internet su Jessie Burton: Sito ufficiale / Wikipedia
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