Zarlatti Alessandro

Alcune strade per Cuba

Pubblicato il: 2 Ottobre 2016

Che tutto avvenga nella nostra mente in quanto a luoghi dove siamo, tempo che viviamo, persone e animali che incontriamo, con cui parliamo, agiamo, trattiamo, lo dice la nostra esperienza quotidiana. Tutto quello che sperimentiamo avviene sempre alla luce di nostri stati d’animo, sensazioni, emozioni. Questi bellissimi racconti su Cuba di Alessandro Zarlatti, ne sono un esempio eclatante. La Cuba qui descritta è una Cuba molto amata da chi narra le storie raccolte nel libro, ma nello stesso tempo tenuta a distanza da un senso più astratto che reale di nostalgia di chi non si sente mai completamente a proprio agio in nessun luogo. La mente confusa, angosciata del protagonista di tutti e quindici i racconti lo segue ovunque e non gli dà mai tregua, se non per brevi, piccoli momenti di una gioia effimera, mai duratura. Questa mi sembra la condizione del protagonista di questi racconti, un italiano che ha scelto di vivere a Cuba. Un uomo spesso annoiato, che affoga la noia nel rum, ma che ha comunque sempre uno sguardo acuto, compassionevole e quindi non giudicante verso gli esseri umani che incontra e di cui ci racconta la storia. Possono essere vecchi amici, o ragazze conosciute in un locale da ballo. Possono essere giovani ladruncoli oppure meccanici senza pezzi di ricambio che riescono ugualmente ad aggiustargli l’auto. Possono essere anche turisti in cerca di donne e del falso esotico di Cuba, gli unici verso i quali il protagonista non nasconde il suo disprezzo.
Questo è un libro raro. Perché è scritto incredibilmente bene. Con cura. Con attenzione. Scrupolo. E pazienza. Possono essere racconti brevi o lunghi, tutti comunque posseggono un’incredibile capacità di descrizione, che deriva da uno sguardo sulle strade, persone, locali, animali di una intensità al limite dell’intollerabile. Come si fa mi chiedo infatti, a tenere uno sguardo così acuto e partecipe su chi soffre, si ammala, invecchia, è maltrattato, senza mai perdere il controllo sulla propria scrittura, evitando così il rischio di esagerare e cadere nel sentimentalismo? La risposta è semplice. Si può se si è bravi a scrivere, a narrare senza mai dimenticarsi di quel senso dell’umana solidarietà che deriva dalla nostra comune natura ed essenza spirituale. Alessandro Zarlatti questa essenza l’ha trovata dentro di sè, è la sua grande risorsa e lui la coltiva, lo si vede da come tratta le sue storie, e gli è utile, indispensabile per essere un bravo scrittore. C’è la storia straziante del maltrattamento dei cani usati per i combattimenti, e c’è la storia di Sammy, ” che fa il meccanico. Ma dire meccanico è come dire che Leonardo da Vinci faceva il pittore” (pag. 93) e quella di Marcello il giornalista che si era immaginata una Cuba diversa quando è stato mandato lì per un servizio. ” Quando il direttore glielo aveva comunicato era esploso di gioia: Cuba, una settimana, tutto pagato, una pacchia. Ora non si sente più fortunato, si sente solo. Il servizio lo ha già mandato e restano quattro giorni lontani da tutto, di rum da bere, di puttane stupide, di emozioni deboli” (pag. 99). E poi ci sono i locali senza nome dell’Avana vecchia dove ” Da un’avanguardia di artistucoli coi capelli arruffati si stava passando, neanche troppo gradualmente, ad una fauna più stanziale di poveracci e nullità che si parcheggiavano su un tavolo qualunque ripetendosi per una giornata intera la stessa domanda: come cazzo pago quello che mi sto bevendo ?” (pag, 117).
I racconti che mi sono piaciuti di più sono quelli che a mio modesto parere potrebbero diventare romanzi. Per l’ampiezza della visione, per la profondità del cuore messo a nudo da chi narra la storia, per l’onestà di chi li ha scritti. Non so se siano autobiografici, sta di fatto che ho avuto l’impressione che Alessandro abbia messo in essi più che in altri se stesso, la sua vita interiore, le sue emozioni: la paura, il rimpianto, il dubbio, il volere e il non volere più. Mi riferisco ad esempio al primo, intitolato “Stagioni”, in cui ho letto frasi che mi hanno letteralmente lasciata a bocca aperta, come questa: “E poi osservi la tua mente che costruisce scenari piacevoli per ore e subito dopo resta senza benzina e allora torna la malinconia a spazzare via tutto. E la malinconia è un animale strano. Viene e si impossessa di tutto, anche di quelle che fino a qualche minuto prima erano certezze” (pag. 13). Un racconto lungo “Stagioni” che mi permetto di suggerire all’autore di trasformare in romanzo, se lo merita davvero; c’è questo alternarsi di luoghi e tempi, Roma poi Cuba poi ancora Roma, alla ricerca di quello che si è perso, perché in questo racconto, come in quasi tutti de “Alcune strade per Cuba”, tutto è raccontato come da un tempo successivo ad una sconfitta, un’occasione persa, una dimenticanza. Eppure da questo baratro psicologico più che morale, escono fiori di compassione umana. Come nel bellissimo “Cinque Giorni”, in cui il protagonista ha trovato il modo di tornare a Cuba dopo un fallimentare soggiorno in Italia. È senza un soldo e gli capita la “fortuna” di poter andare a Cuba per qualche giorno spesato di tutto per cercare e riportare in Italia un farmaco antitumorale per una donna gravemente ammalata. Il narratore è un uomo debole e pigro e non lo nasconde a noi lettori; non vuole fare la lunghissima fila per ritirare questo farmaco che viene distribuito a Cuba gratuitamente. Al posto suo la farà una ragazza malata di tumore che per una manciata di dollari gli darà il farmaco da portare in Italia. Ma la vera storia non è questa, questa è l’esteriorità della storia, quella vera è quella che avviene nell’animo del protagonista e in quello della ragazza cubana malata di cancro. E cioè? Il loro umano incontro nonostante tutto, nonostante l’apparente cinismo del protagonista, nonostante l’immensa disuguaglianza economica tra i due, ecco nonostante tutto questo avverrà tra loro un vero incontro, un incontro d’amore. Anche “Coppie” mi è piaciuto molto, per la leggerezza e la mancanza di moralismo con cui racconta di Ariel,che si prostituisce con i turisti e convince la la sua ragazza a fare altrettanto. Un altro racconto che mi ha acchiappato parecchio, perché un pò conosco quell’ambiente, è intitolato “Una giornata particolare”. Il protagonista vuole cercare un gruppo buddista con cui praticare la meditazione. A Cuba è difficile trovarlo, e di questo non ci meravigliamo; anche qui da noi è difficile trovare il gruppo buddista che faccia al caso nostro, per gli stessi motivi del nostro protagonista; c’è infatti un sacco di gente che si improvvisa maestro di meditazione senza averne i requisiti. Qui la descrizione dei due “monaci” si fa comica: ” C’era qualcosa in loro che me li faceva vedere come due fuggitivi braccati dall’Interpol che non avevano trovato travestimento migliore di quello di due monaci buddhisti” (pag. 181). Anche “Barracuda”, storia della caccia a questo grande pesce mi è piaciuto e anche “El Nino”…Insomma tutti e quindici i racconti contenuto in “Alcune strade per Cuba” sono belli. Fantastica la copertina del libro.

Edizione esaminata e brevi note

Alessandro Zarlatti dal 2012 vive stabilmente a Cuba dove insegna lingua e cultura italiana presso la scuola Leonardo da Vinci di L’Avana;  nel 2015  ha pubblicato, sempre per la Ouverture edizioni, un romanzo intitolato Il salto, ambientato a Cuba.

Alessandro Zarlatti, Alcune strade per CubaOuverture Edizioni, 2013

La Cuba di Alessandro Zarlatti: http://www.rai.it/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-78b82bef-2a4d-463f-823d-8fb40403fa3c.html