Tra i libri finalisti del Premio Strega 2018 c’è anche “La madre di Eva“, primo romanzo di Silvia Ferreri. Un’opera che, a prescindere da qualsiasi riconoscimento letterario, è portatrice di una voce e di una visione nuove e delicatissime. Eva e la madre di Eva. Sono sufficienti questi due personaggi per dare vita ad un romanzo che, in realtà, è una voce sola, quella di una madre che accompagna sua figlia verso un punto di non ritorno, verso l’irreversibile, l’inconcepibile, la vera se stessa. Perché Eva, diciotto anni appena compiuti, non si è mai sentita Eva. Nulla di quel corpo di femmina le è mai appartenuto. Eva è sempre stata un maschio ed ora, dentro la sala operatoria che la renderà ciò che ha sempre voluto essere, cercherà di rinascere per la seconda volta e stavolta del genere giusto, quello a cui ha sempre sentito di appartenere. Dall’altra parte c’è una madre che si racconta e ricorda e pensa e aspetta rammentando tutti gli anni e tutti gli eventi che l’hanno condotta in una clinica di Belgrado, al cospetto del dottor Radovic, per consentire a sua figlia di farsi tramutare in una persona nuova e finalmente autentica.
“In pochi conoscono il mio nome. Mi chiamano semplicemente la madre. Come fossi un archetipo, la matrice, la madre di tutti, di tutte le creature, donne e uomini che vanno portati in salvo verso approdi sicuri. Non dicono più nemmeno la madre di, semplicemente la madre. Sono sola, ho scelto di percorrere questa strada senza nessuno. Ho scelto di portare questo peso con te, perché tu sei mia e sei sempre stata mia e se un errore abbiamo fatto, l’abbiamo fatto insieme“. Una storia questa che diviene, paradossalmente, la glorificazione della maternità ma anche la sua demolizione. La madre di Eva scava dentro i suoi sensi e dentro la sua carne alla ricerca di una colpa. Dove ha sbagliato? Quale entità o quale prodigio le hanno fatto partorire una figlia femmina che femmina non è? Dove è andato a finire quella sorta di incantesimo che ha permesso ad ogni donna della sua famiglia di partorire solo e soltanto bambine? Con Eva tutto è precipitato, tutto si è guastato, tutto è diventato troppo complicato e contorto. Eppure Eva era perfetta, il suo corpo era perfetto, i suoi occhi, la sua pelle, i suoi piedini.
I segni dell’esistenza di un errore presente in qualche segmento di DNA sono arrivati prestissimo e anche l’imbarazzo e il disagio di una madre e di un padre che non sanno da che parte cercare una spiegazione. Serve tempo, dicono gli psicologi, ci sono bambini che impiegano più degli altri a trovare la propria identità di genere e il proprio equilibrio sessuale. Ma, nonostante gli anni, Eva non è affatto Eva ed accettarlo per chi l’ha generata, cresciuta ed amata in maniera viscerale non è semplice. Nel flusso di parole e coscienza che compone questo mirabile romanzo, la donna ripercorre la sua esistenza di donna e di madre. Un potente monologo fatto di pensieri e sentimenti che una madre rivolge ad una figlia che, nella sala operatoria lì accanto, ha deciso di farsi rimuovere a colpi di bisturi pezzi di un corpo che non ha mai voluto. Un monologo che, ovviamente, è destinato a chi legge e si inoltra nel cuore di una materia, la disforia di genere, che provoca sempre polemiche, discussioni etiche e prese di posizione anche feroci. Silvia Ferreri ha saputo tramutare un argomento tanto complicato in sostanza letteraria avendo l’intelligenza e la sensibilità di far parlare una madre, deviando così il punto di vista, dirottando la tensione narrativa verso una linea nuova e finora forse mai esplorata.
Inutile mentire, la madre di Eva non è pronta, non riesce ad accettare quel che sua figlia ha pianificato e predisposto con estrema accortezza da anni. È una madre lacerata e straziata dal fatto che un corpo composto alla perfezione durante nove mesi di gestazione, un corpo di donna che replica il suo contenga un’anima tanto tormentata ed implacabile. Ma rimane con sua figlia perché è così che le ha promesso: “Non mi vedi e non mi senti ma sono qui. Non ti lascio. Ho promesso che ci sarei stata fino alla fine e sono qui. Ti ho portata in capo al mondo a farti smembrare come un agnello sacrificale e resto con te fino al compimento di questo sacrificio estremo. Fino a quando tu non sarai più tu e al posto tuo ci sarà una persona nuova“. E qui si comprende quale sia il senso più intimo ed ancestrale dell’essere madre: esserci. Garantire una presenza e un amore incondizionati. Nonostante le incomprensioni, i litigi, gli allontanamenti e le furie, una madre sa che deve esserci.
Nel ridisegnare e riprogrammare il corpo di sua figlia, il chirurgo serbo va anche a ri-creare la figura di una madre ed è un atto dolorosissimo e penoso ma inevitabile. La Ferreri, con una scrittura nitida ed incisiva, ha saputo esaltare la maternità ponendola al cospetto di una condizione estrema; ma spesso è proprio nella dismisura che è possibile scovare il senso profondo delle cose. Non resta che concludere mostrando grande apprezzamento per un romanzo che segna l’esordio della scrittrice milanese, ma romana d’adozione, nel mondo della letteratura italiana contemporanea.
Edizione esaminata e brevi note
Silvia Ferreri, giornalista e scrittrice, è nata a Milano e vive a Roma con un marito fotografo e i loro tre bambini. È stata autrice per Rai Tre e Tv2000 e ha collaborato con Io donna del Corriere della Sera. Attualmente lavora per Rai News 24. Nel 2006 esce Uno virgola due, film documentario di cui è autrice e regista. Nel 2007 pubblica, in cofanetto con il film, Uno virgola due – Viaggio nel paese delle culle vuote, libro inchiesta sulla bassa natalità e la discriminazione delle madri nel mondo del lavoro, con prefazione di Miriam Mafai. Su dazebaonews.it tiene un blog nel quale si occupa di questioni femminili. In rete esiste come materetlabora. La madre di Eva è il suo primo romanzo.
Silvia Ferreri, “La madre di Eva“, NEO. Edizioni, Castel di Sangro (AQ), 2018.
Pagine internet su Silvia Ferreri: Premio Strega 2018 / Dasebaonews
Follow Us