Nuzzolo Massimiliano

La felicità è facile

Pubblicato il: 6 Dicembre 2015

La felicità è facile / La gioia è scritta sulla terra”, sono i versi di una canzone dei Talk Talk che danno il titolo e aprono questa raccolta di racconti dell’autore veneto Massimiliano Nuzzolo. Si indirizza subito chi legge/ascolta verso una scrittura di cui la musica è uno dei pilastri fondamentali; musica sia citata, e si va dai Led Zeppelin a Stockhausen, sia intesa come ritmo dato alla narrazione. Altro pilastro è il dialogo costante con gli autori le cui frasi sono messe in esergo ad ogni racconto, da Dürrenmatt a Burroughs, da Mozzi a Scarpa, da Ballard alla Kristof e così via. Poco più di 100 pagine per 19 racconti, di cui l’ultimo, eponimo della raccolta e della canzone dei Talk Talk, è una rappresentazione di legami molecolari e simboli, aperto dal famoso “Quack!” di Donald Fauntleroy Duck.

Ogni titolo, da Fine della corsa a Com’è bello il vino, da Hemingway è morto a Mestre tossica, da L’amore è alieno e fa morire a Jurassic Punk a Mio nonno aveva un vocoder, così come ogni citazione iniziale non ha solo la funzione di mostrare gli intrecci musicali, cinematografici e letterari, ma sono già parte del racconto, ne anticipano alcuni elementi e gli conferiscono il tono narrativo; inoltre, rendono la struttura dell’intero libro circolare, poiché in copertina ci sono le stesse parole che titolano l’ultima “storia”, e la prima contiene “fine” nel titolo, confondendo i punti di partenza con i finali e viceversa. Una costruzione ben definita da rendere il libro, facendo un paragone musicale, un concept album. Temi che si inseguono, si intrecciano, sfociano da un racconto all’altro mentre la prosa tende alla leggerezza, alla fluidità, ma densa come il mercurio. Riprendendo ancora il concetto di album, si potrebbe dire che nonostante non tutti i racconti siano dei “singoli”, ognuno è necessario perché la costruzione stia in piedi: un palazzo di cui è possibile vedere gli interni, le vite che lo abitano, ognuna con le sue imperfezioni. Se si volesse parlare dei “difetti”, ne ho trovato solo uno, che si confonde però con il miglior pregio: la partecipazione dell’autore per le storie che narra, che lo porta a volte a uscire fuori dalle misure considerate appropriate per la scrittura narrativa. Più che un difetto, questo eccesso di misura, sembra però una scelta mimetica nei confronti della vita reale, i cui episodi hanno raramente confini definiti (probabile anzi che mai questo accada, e che i confini siano nostre creazioni atte alla costruzione di senso). Forse, si è detto Nuzzolo, meglio rischiare di far sentire a chi legge il proprio coinvolgimento invece di apparire freddo, distaccato. Sembra davvero che si sia soffermato su questi personaggi e sulle loro storie per offrire una sorta di appoggio per ciò che si trovano a vivere, perché sia chi scrive sia chi è scritto appartiene al genere umano, a questo mondo, e sa cosa vuol dire barcamenarsi tra le asprezze della quotidianità, senza via di fuga, o con vie di fuga che non sono proprio ciò che ci si aspetterebbe. Se poi, dopo 18 racconti, il diciannovesimo non conta parole, immagino (probabilmente sbagliando) sia perché ad un certo punto della strada queste non siano più necessarie, dato che in fondo siamo solo animali, siamo solo cellule, molecole, elementi.

Mi viene in mente, soltanto adesso, come sia possibile leggere l’intera raccolta come una testimonianza del primo personaggio incontrato: un uomo che corre in una strada chiusa ai lati da muri altissimi e che finisce per cadere in un buco, nonostante il buco non sia così difficile da superare. Cosa accade, mentre è steso a terra dopo la caduta, l’impatto col suolo? Accadono le storie di tutti i personaggi, che forse ha incontrato e che forse, alcuni, sono lui, chissà. Alla fine del libro, delle storie, ecco che non ci sono più parole. Anche questa è capacità di costruire una raccolta, riuscire a far immaginare a chi legge molteplici significati, a non far esaurire le pagine nello spazio-tempo della lettura.

Non è un libro da fuochi d’artificio, da disegni nel cielo che durano pochi minuti; preferisce i falò, o i bar, i pub; non è un’opera perfetta, ma nella sua imperfezione è compiuta, e bella.

“La felicità è facile / La gioia è scritta sulla terra”, no?

“Un semplice salto. Un buco. Un salto.

Respirai a fondo, un paio di minuti. Come un atleta lasciai che la concentrazione salisse poco a poco in me. Poi le mie gambe schizzarono veloci. Sembravo un fulmine. Ma al momento opportuno, il momento previsto per spiccare quel semplice salto, le suole delle mie scarpe rimasero incollate al terreno. Non mi sollevai di un solo centimetro.

Mi rovesciai dentro al buco. ” (pag. 7)

“Quack!” (pag. 115)

Edizione esaminata e brevi note

Massimiliano Nuzzolo è nato a Mestre nel 1971. Ha esordito nel 2004 con il romanzo L’ultimo disco dei Cure. Nel 2007 ha pubblicato la raccolta di poesie Tre metri sotto terra (Coniglio editore). Esperto di musica e di culture giovanili, ha curato la raccolta di racconti La musica è il mio radar (Mursia 2010). Con Italic Pequod, nel 2012, ha pubblicato Fratture.

Massimiliano Nuzzolo, La felicità è facile, Italic/Pequod, 2014.

Un estratto su Letteratitudine.

Il blog della raccolta.

ab, dicembre 2015