Gigliotti Giorgio

Pane e Allah

Pubblicato il: 31 Luglio 2019

Emilio Salgari è la dimostrazione che non è necessario aver viaggiato per poter scrivere in modo credibile di un luogo particolare. I suoi romanzi ambientati negli angoli per noi più esotici del mondo sono popolari ancora oggi ma la verità è che lui non si mosse mai dall’Italia. Tanto studio, ascolto dei veri viaggiatori e un sicuro talento letterario, ecco la sua ricetta, e come dargli torto? Sicuramente ha funzionato.

L’autore di questo libro, Giorgio Gigliotti, al contrario di Salgari, ha una grande esperienza dei luoghi di cui ci scrive, tra cui spiccano sette anni vissuti in Tunisia, e in più, lo fa con grande talento. Si tratta di una raccolta di undici racconti più un breve romanzo, tutti ambientati nel “mondo arabo”, per la maggior parte Nord Africa, con anche una puntata in Italia.

Lo scrivente ha accettato di leggere e recensire questo libro anche in virtù di due brevi esperienze lavorative (due mesi ciascuna) in Tunisia e in Egitto. Praticamente nulla se comparati a sette anni, ma pur sempre sufficienti ad avere una minima cognizione di causa su quei luoghi: Gigliotti riesce in maniera molto acuta e sagace a riportare su carta paesaggi, situazioni, momenti e in particolare personaggi che non sono mai facili da interpretare. Le descrizioni sono brevi ma efficaci, creano le necessarie immagini nella testa del lettore e personalmente, sono riuscite a riportarmi a quei mesi che là ho trascorso.

Difficile categorizzare i vari racconti, sono tutti molto differenti: un allievo cresciuto che si rincontra con il vecchio maestro a discutere dei massimi sistemi, un ragazzo italiano che si unisce all’ISIS, un uomo tunisino che assiste alla caduta di Ben Alì, un giovane egiziano che durante un viaggio in auto s’imbatte in strane figure che gli raccontano la loro storia. Si tratta di persone comuni ma con uno sguardo attento sul loro mondo, lo odiano e lo amano allo stesso tempo.

Questo sentimento contrastante raggiunge forse il suo apice nel breve romanzo, messo come ultimo nel libro: un ragazzino tunisino che abita in un’oasi nelle vicinanze di Tozeur (sì quella dei treni di Battiato), si trasferisce con lo zio in Italia. Qui appena adolescente s’innamora di una donna italiana, sposata con figli. Lei alla fine divorzia e insieme avranno un altro figlio. Dopo qualche anno, quando questo è cresciuto, il protagonista decide di tornare in Tunisia per l’estate: qui dovrà fare i conti con i problemi di tutti gli immigrati, ossia il sentirsi straniero in casa e l’avere una doppia identità. Nel profondo vorrebbe che la sua nuova famiglia restasse in Tunisia, ma la moglie non è d’accordo e qualcosa gli dice che ha ragione lei.

Il tutto è riassunto molto bene nelle parole del protagonista verso la fine del libro:“Il dubbio non si pone, il problema non esiste, è riuscita a liquidarmi. Eppure, se è vero che cresce la mia rabbia c’è qualcosa che mi dice nel fondo del mio cuore “non può essere altrimenti”. Lotterei con tutte le mie forze per perdere la guerra. Ho davvero poca audacia, mi manca quel vigore per difendere un pensiero vacillante. Mi chiedo “che cos’è la Tunisia?”. Ad un tratto mi rispondo “è solo il mio passato”. Deposta in una tomba. Eppure la tocco con le mani, la vedo coi miei occhi, la sento coi miei sensi. Non posso cancellare ciò che è vivo come carne, non posso relegarlo a una pagina di storia”.

Si tratta di un libro che mette il lettore in diretto contatto con il mondo arabo e molte delle sue innumerevoli sfaccettature. Non pretende di spiegarcele ma cerca solo di farcele vedere principalmente attraverso gli occhi dei suoi abitanti. Un esercizio di stile che forse perfino Salgari avrebbe trovato difficile senza spostarsi da casa. Sapere che a scrivere queste pagine è stata una persona che per diversi anni ha vissuto in quelle regioni dà un certo spessore alla narrazione e la rende sicuramente più credibile. Ovviamente si tratta pur sempre di un espatriato, ma in questo caso lo straniero ha un ottimo spirito di osservazione e un certo talento letterario.

Consiglio questo libro a chi ha visitato o ha vissuto nel mondo arabo ma soprattutto a chi vuole darci uno sguardo con gli occhi di un locale.

Edizione esaminata e brevi note

Giorgio Gigliotti, giornalista e scrittore. Nella seconda metà degli anni ’80 ha collaborato con Paese Sera, Il Manifesto e Rinascita, iscrivendosi all’Ordine dei Giornalisti. Responsabile del Circolo Mario Mieli tra la fine degli anni ‘80 e gli inizi degli anni ‘90 ha ideato le serate cult Muccassassina. Nel 1994 si trasferisce in Tunisia per 7 anni dove ha aperto una società di servizi. Ritornato in Italia, dal 2000 al 2007 diventa direttore responsabile della testata giornalistica on line Interactpress. Ha collaborato come inviato per Radio Tre Rai nel Maghreb, girato un documentario sull’Algeria post terrorismo, organizzato incontri in Nordafrica tra associazioni giovanili con il progetto Euromed Youth. Ha scritto 7 monografie per la collana Spinn sui paesi del bacino sud del Mediterraneo (storia, politica, economia) e 2 per la collana Fixo (rapporto tra alta formazione e mondo lavorativo), editi dal Ministero del lavoro e UE.. Nel 2008 ha pubblicato il libro “Hotel Allah” edizione Coniglio (3 ristampe). È presente con i suoi racconti in 9 antologie Nel 2012 fonda l’associazione CooPerAzione per lo sviluppo dell’aerea mediterranea di cui è presidente.

Giorgio Gigliotti, “Pane e Allah”, Prefazione di Giovanni Filoramo, Edizioni Ponte Sisto, 2019, Roma.