Diotallevi Francesca

Dai tuoi occhi solamente

Pubblicato il: 8 Gennaio 2021

Ho iniziato a leggere “Dai tuoi occhi solamente” senza sapere niente. Non ho letto la descrizione del libro, non ho letto recensioni, non ho letto presentazioni. Ciò che mi ha colpito, molto banalmente, è stata l’immagine di copertina. Una giovane donna, col volto posto a metà tra luce e ombra, che fotografa se stessa con la macchinetta che porta al collo: l’indice che schiaccia il pulsante sotto l’obiettivo è eloquente. Capelli in disordine, sguardo penetrante e un po’ triste, nessun sorriso. È un ritratto, anzi un autoritratto. Quando ho iniziato a leggere la storia di Vivian non sapevo che fosse la storia di Vivian Maier perché, seppur abbia sentito nominare questa straordinaria fotografa, non avevo idea di quale fosse stata la sua vita.

Francesca Diotallevi, con molta sensibilità, con un grande lavoro di ricostruzione biografica e con l’arte di chi sa scrivere bene, ha ricostruito la vita di Vivian Maier, considerata universalmente come una delle più talentuose fotografe del Novecento e tra le prime donne fotografe di strada della storia. “Nel raccontare i fatti narrati in questo romanzo” scrive l’autrice nella nota finale “ho tratto ispirazione dalle poche e frammentarie informazioni reperibili sulla vita di Vivian Maier. Di lei non sono rimaste memorie o lettere, e le testimonianze di chi la conobbe risultano spesso discordanti tra di loro“. La “scoperta” di Vivian Maier fotografa, infatti, è avvenuta del tutto casualmente e solo poco tempo prima che lei morisse. Tutto sarebbe potuto andare perduto, distrutto, dimenticato e nessuno, oggi, avrebbe conosciuto gli scatti della Maier se non fosse stato per un caso.

Vivian morì inconsapevole del fatto che nel 2007 il contenuto di cinque armadi in un deposito il cui affitto non era stato rinnovato venne acquistato per 250 dollari da un banditore d’aste di Chicago. John Maloof, il giovane figlio di un rigattiere, per 380 dollari acquistò dalla casa d’aste RPN Sales circa tremila negativi e svariati rullini di pellicola non sviluppata. Oltre a diversi oggetti appartenuti alla Maier“. Vivian, per ragioni che forse questo libro riesce, almeno in parte, a immaginare e mettere in luce, ha sempre vissuto la sua passione per la fotografia in maniera intima e privatissima. La fotografia per Vivian deve essere qualcosa di simile a un segreto, a un microcosmo dal quale gli altri devono restare fuori, una purissima regione dello sguardo e dell’anima che nessuno deve permettersi di contaminare, osservare, giudicare. Così ha sempre voluto Vivian finché è vissuta e certamente non avrebbe apprezzato tanto clamore attorno ai suoi scatti.

Nella vita Vivian Maier si è accontentata di fare la tata, un mestiere che non le piace ma che le ha permesso di tirare avanti. La Vivian che incontriamo nel romanzo della Diotallevi, infatti, è una bambinaia che prende servizio presso una famiglia di Chicago. Ma a questa storia, ambientata tra il 1954 e il 1955, va ad innestarsi il racconto dell’infanzia di Vivian, una bambina di cinque anni rimasta sola con una madre incattivita che presto imparerà a odiare. La sensazione è che la grande riservatezza di Vivian, la sua volontà di tenere solo per sé ciò che ama nasca proprio durante l’infanzia, al cospetto di una madre sempre in agguato, aggressiva, sospettosa, invadente, dura. È come se Vivian volesse proteggere la bellezza che incontra, che sa scoprire per le strade, tra gente che non conosce, da ogni elemento esterno perturbante e pericoloso. Lei sente l’urgenza di vivere, da invisibile, vite che non sono la sua. Vedere senza essere vista: un dono e un mistero allo stesso tempo.

La Vivian bambinaia è una cosa, la Vivian fotografa è un’altra. Il suo occhio sa penetrare nei volti, nelle movenze, nelle attese, nei gesti di persone che, semplicemente, vivono la loro vita. Lei, con la sua preziosa Rolliflex, riesce a cristallizzare istanti rendendo loro l’immortalità. Serve un immenso talento e una sensibilità speciale per fare ciò che fa Vivian Maier anche se lei, nel corso della sua vita, non ha mai mostrato ad altri ciò che sapeva raccontare con la macchinetta fotografica. Leggere “Dai tuoi occhi solamente” (titolo che riprende un verso di una poesia di Pedro Salinas) è stato un viaggio all’interno dell’esistenza di una figura perennemente sfuggente, enigmatica, complicata, inquieta. Immaginare e descrivere una personalità come quella della Maier non deve essere stato semplice. Anche per questo ho trovato toccante quella sorta di confessione finale che la Vivian di Francesca Diotallevi, ormai prossima alla morte, fa a se stessa: “Invecchiare, per me, ha significato perdere l’entusiasmo e la pazienza, la creatività. E, persa quella, ho perso tutto. Non so se c’è stato un momento, nella mia vita, in cui avrei potuto salvarmi dalla rovina a cui sono andata incontro. Forse sì” e poi: “Non tutte le storie sono storie d’amore, non tutte le storie hanno lieto fine. La mia è la storia di chi ha vissuto attraverso le storie degli altri, di chi ha visto tutto senza mai essere vista. La mia è la storia di un’ombra“.

Edizione esaminata e brevi note

Francesca Diotallevi è nata a Milano nel 1985. È laureata in Scienze dei Beni Culturali. Tra le sue opere “Le stanze buie” (Mursia, 2013), “Amedeo, je t’aime” (Mondadori Electa, 2015) e “Dentro soffia il vento” (Neri Pozza, 2016), vincitore della seconda edizione del Premio Neri Pozza sezione giovani. “Dai tuoi occhi solamente” è stato pubblicato da Neri Pozza nel 2018 ed è ispirato alla vicenda della fotografa Vivian Maier. Con questo romanzo, la Diotallevi ha ottenuto il Premio letterario Basilicata nella sezione dedicata alle opere promotrici della parità di genere.

Francesca Diotallevi, “Dai tuoi occhi solamente“, Neri Pozza, Vicenza, 2018.

Pagine su Francesca Diotallevi: Wikipedia / Instagram

Pagine su Vivian Maier: Sito ufficiale / Wikipedia / Enciclopedia delle donne / Alla ricerca di Vivian Maier (video)