Qualche mese fa ho fatto una chiacchierata via e-mail con Andrea Betti, autore di Una breve visita, romanzo breve uscito per i tipi di Wojtek edizioni. È stata una conversazione piuttosto lunga (che potete leggere qui), in cui sono venuti fuori molti aspetti del libro, per cui quel che mi accingo a scrivere, più che una recensione, è una sorta di esplorazione giocosa, di tentativo di risposta a qualche domanda che mi sono posto alla fine della lettura e di cui non parlammo al tempo.
Il romanzo è un “florilegio di voci che si credevano perdute nell’etere” (pag. 10), così ce lo presenta il primo personaggio che incontriamo, un monaco kiberneta che vive più o meno 400 anni nel futuro. Queste voci sono le testimonianze di un tempo passato (più o meno il nostro), del momento in cui il nostro pianeta viene visitato da esseri di colore celeste chiamati Cilestrini, della loro indifferenza nei confronti dell’umanità, del grande terremoto elettromagnetico che distrugge le nostre tecnologie, di ciò che accade all’umanità, scombussolata dalla breve visita (un fine settimana, da cui il titolo del libro) di questi esseri, e altro ancora. L’ordine dei kiberneti è un ordine monacale dedito alla ricostruzione del passato, per cui oltre al “nostro” monaco ce ne saranno altri, con altre testimonianze, altrove, chissà.
Il romanzo è pieno di indizi che fanno capire come il momento della visita sia a circa metà di questo XXI secolo, oltre a moltissime citazioni che lo rendono quasi un libro-game per chi abbia voglia di mettersi a scovarle tutte. Vengo a quelle domande di cui qui cerco le risposte: che tipo di libro è? Chi è il monaco kiberneta? Perché usa una lingua a me, persona antica, così comprensibile nella sua introduzione e nei suoi interventi all’interno del libro?
Questo è un romanzo che gioca molto coi generi, fantascientifico, distopico, utopico, memoir etc. Mi è venuto in mente che tutti questi possono stare sotto il cappello dell’umorismo. Quell’umorismo pirandelliano che porta chi legge a riflettere, al “sentimento del contrario”, che dalla risata accompagna alla riflessione. L’autore siciliano parte dal comico per giungere all’umoristico e “Una breve visita”, data la sua natura ibrida, non si può incasellare nel comico, anche se sono presenti personaggi comici, ma è certo un romanzo divertente e giocoso, pieno di brio, e ci porta a quel “sentimento del contrario” di cui sopra, quindi a mio avviso si può definire pure romanzo umoristico (o novella, data la sua brevità).
Il monaco kiberneta. Leggendo incontriamo più volte un personaggio, Marcus, ibernauta che dal nostro tempo sopravvive per 4 secoli, e che viene trovato da due kiberneti che lo instradano sulla via per diventare monaco. Per me potrebbe essere proprio lui il kiberneta dell’inizio. Perché? La prima cosa che mi ha fatto pensare a questa eventualità è la passione per le uova. La seconda è la lingua (e qui mi riallaccio alla terza domanda): Marcus alla fine ci dice che lui parla una “lingua antica” non comprensibile agli altri eccetto ai kiberneti (dato che con loro parla), che probabilmente sono abituati sentendola nelle voci che riescono a pescare nell’etere. Che la lingua nuova non sia quella in cui è scritto il libro è chiaro quando Marcus dice, ascoltando delle “generalesse”, che è “…una lingua che intendo a tratti…” (pag. 175). La terza è l’inserimento del diario di Marcus di 400 anni nel Dopo: all’inizio il buon monaco ci avverte “Lascerò la parola a chi visse e vide…” (pag. 9), e “…verrà qui presentato un florilegio di voci che si credevano perdute nell’etere, radio-fossili impressionati sui nastri trascritti prima del loro decadimento al fruscio di fondo dell’universo” (pag. 10). Marcus nel finale è contemporaneo al monaco dell’inizio, e non può essere una voce perduta nell’etere, radio-fossile etc. dunque per quale motivo è presente? Questo spiegherebbe l’uso della lingua antica: è Marcus a scrivere l’introduzione e gli interventi durante la narrazione. Può esserci però un’altra spiegazione (fantascientifica): durante un paio di presentazioni e anche nella conversazione Andrea Betti ha parlato di percolazione. Il libro potrebbe essere il percolato, attraverso Betti, di un messaggio proveniente dal futuro. I fatti descritti sono in un futuro prossimo a noi, così quel monaco kiberneta, volendo rivolgersi a noi del passato per metterci in guardia su cosa accadrà, ci ha spedito queste testimonianze. Se avesse voluto rivolgersi alle persone del suo tempo avrebbe utilizzato la loro lingua, ma per parlare a noi ha dovuto scrivere nella nostra, antica per lui, lingua.
Sono domande e tentativi di risposta tra le tante che questo libro propone, e cosa c’è di meglio di un testo che interroga chi legge, che lo stimola?
Edizione esaminata e brevi note
Andrea Betti, detto anche Tibet, è nato ottantatré anni nel Prima, nella seconda metà del Secolo Nucleare. Cofondatore di AssCultPress (con Jacopo Andreini, Simone Molinaroli e David Napolitani) si produce in furiosi reading in tutta Italia fino ai primi anni del Secolo Acidificato; ha pubblicato saggi e racconti apparsi, online, su «Nazione Indiana» e «LGE – La Grande Estinzione», e su carta, all’interno del progetto di narrazione collettiva TINA – Storie della Grande Estinzione (Aguaplano, a cura di Antonio Vena e Matteo Meschiari) e di La Scommessa Psichedelica (Quodlibet, a cura di Federico di Vita).
Andrea Betti, Una breve visita, collana Orso Bruno, Wojtek
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