Loewenthal Elena

Conta le stelle, se puoi

Pubblicato il: 6 Giugno 2013

E se a Mussolini, una mattina del 1924, subito dopo essere sceso dal letto, fosse preso un colpo e fosse morto? E se la Repubblica Italiana fosse nata nel 1938, subito dopo l’abdicazione e la fuga in Egitto di re Vittorio Emanuele III? E se non ci fosse stato il nazismo né la Shoah? Non è il gioco dei se, è letteratura. Si tratta quindi di allettanti possibilità e, si sa, l’ambito del possibile è ben più ampio e seducente di quello dell’improbabile. Il fatto che tali eventi non siano realmente accaduti non toglie nulla alla loro rilevanza eventuale e al loro fascino. Ed Elena Loewenthal ha saputo trattare intelligentemente il potere dei “se” inventando una storia un po’ diversa dalla Storia, allontanandosi quel poco che basta per rendere il suo romanzo verosimile e, a modo suo, illuminante. In fondo, dire più o meno il vero è l’autentico segreto di chi scrive.

Nel 1924, dunque, quando a Mussolini prese un colpo, nonno Moise aveva già vissuto un buon tratto di vita. Nato nel 1849 da una umile famiglia ebraica, Moise Levi è il primo ed unico figlio di Graziadio e Perla. A 23 anni, il ragazzo decide di prendere con sé il carretto con gli stracci e di lasciare Fossano. La meta doveva essere Torino ma, per una sorta di dispetto del caso, Moise sceglie la strada per Saluzzo. “Che fosse sta na brachà, una benedizione, non c’erano dubbi. Fu un colpo di fortuna, una folgorazione di quelle che, se va bene, nella vita ti capitano una volta sola. Ma Moisín quella mattina certo non poteva immaginarlo, che la sua fortuna lo aspettava già al varco del bivio dove prese per Salusse da sì“. Una strada che lo porta verso i suoi primi smerci, pezze da scegliere, comprare e rivendere. Dopo Saluzzo giunge la terra dei Valdesi e dopo ancora, non si sa bene come, Moise raggiunge Torino, “una gigantessa addormentata con miriadi di minuscoli esseri che le camminavano addosso freneticamente, carichi delle loro tribolanti esistenze“.

A Torino Moise inizia a lavorare nel negozio di tessuti e confezioni di monsú Malvano che vede in lui proprio ciò che sarebbe diventato: un uomo intraprendente, allegro e col fiuto per gli affari. E dopo poco Moisín trova persino una sposa. Un’orfana, Ines, che proprio bella non è. “Ines era soprattutto una ricamatrice, e quando cuciva, con la testa china sul filo, le gambe leggermente divaricate e le ginocchia tese verso il basso, Ines diventava un ago per davvero. Persino il suo nome sembrava fatto apposta per un ago da ricamo“. Dall’unione di Moise ed Ines arrivano solo figlie femmine: Esterina, Albertina, Ritalia ed Ida. La famiglia cresce di pari passo con la prosperità. Gli affari di Moisín vanno a gonfie vele tanto che il negozio diviene “Malvano & Levi” e tutti possono permettersi di andare a vivere nella bella casa di Via San Filippo che sarebbe poi diventata Via Maria Vittoria, proprio dove un tempo c’era il ghetto e del ghetto mantenne solo i grandi cancelli scuri.

Le vicissitudini umane si susseguono esattamente come accade nella vita di ognuno. Il tempo fa il suo giro, la città muta e si salta da un secolo all’altro. Arrivano le prime linee tramviarie, le prime auto e, al momento giusto, persino il telefono. Ines, però, muore troppo presto. Moise torna nelle campagne che conosce e lì trova la prorompente Cesira. Lei ha solo diciannove anni ma è pronta a cambiare fede e a divenire sua moglie. Un piccolo scompiglio per la famiglia Levi ma una nuova esistenza per il maturo Moisín. C’è una Guerra Mondiale di mezzo ma si avverte appena, in questo libro. E l’avvento di “quel Mussolino lì“, per fortuna, si risolve con una morte improvvisa nonostante la marcia su Roma. Alle prime quattro figlie, si aggiungono i due maschi di Cesira: Donato e Riccardo. Arrivano i matrimoni e dai figli altri figli. Una sequela inevitabile. Una stirpe che si amplia e si disperde. Ognuno, nella famiglia Levi, trova la propria destinazione: Sardegna, America, Israele. I discendenti di nonno Moise sono numerosi e dislocati in posti diversi del mondo.

Una storia semplice, tutto sommato, quella di “Conta le stelle, se puoi”. Un romanzo familiare, il racconto di come da un uomo si possa generare un’intera progenie (le stelle che il Signore chiese ad Abramo di contare) in una scala discendente di vite, legami ed abitudini. La Loewenthal si è addentrata, con la delicatezza di una scrittura fresca, agile e brillante, all’interno di quei circuiti familiari che sembrano spesso perdersi nelle stratificazioni sottintese della quotidianità e che, nonostante questa loro assodata normalità, risultano essere più preziose di quanto si riesca ad immaginare. La vita di nonno Moise ha trovato la sua compiutezza perché la Loewenthal ha voluto proteggerla dalla realtà. A Moise Levi e alla sua famiglia, infatti, un’invenzione letteraria a mio avviso geniale, ha risparmiato l’orribile esperienza del nazismo e della Shoah offrendo così a noi lettori l’opportunità di immaginare un passato possibile. E in tale soluzione non c’è alcuna mancanza di memoria né di rispetto verso chi, invece, di quegli orrori è rimasto vittima. La stessa autrice, in una nota al termine del romanzo, spiega: “ho voluto provare a non arrendermi alla verità della Storia. A immaginarne una nuova, inventata me verosimile, come se non fosse successo quello che è successo. E costruirla insieme a chi non c’è più. L’ho scritta per non arrendermi al silenzio di quei morti. Per provare, una volta tanto, a pensare la Storia non senza di loro, ma insieme a loro. Immaginandoli accanto a me. A noi“.

Edizione esaminata e brevi note

Elena Loewenthal è nata a Torino nel 1960. Si è laureata presso l’Università della sua città natale. Lavora spesso come traduttrice dall’ebraico ma è anche una scrittrice. Collabora con il quotidiano “La Stampa” e per “Tuttolibri”. Inoltre è docente di cultura ebraica presso la facoltà di filosofia dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Ha tradotto, tra le altre, molte opere di Amos Oz, David Grossman, Meir Shalev, Yoran Kaniuk, Aharon Appelfeld, Yaakov Shabtai, Yehoshua Kenaz, Alona Qimhi, Uri Orlev, David Vogel e Zeruya Shalev. Il suo primo romanzo è “Lo strappo dell’anima” grazie al quale ha ottenuto il Premio Grinzane Cavour.

Elena Loewenthal, “Conta le stelle, se puoi”, Einaudi, Torino, 2008.

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