Il weird non è il mio genere, le lucertole già di più. Mi hanno sempre incuriosita. Scattanti, veloci, capaci di infilarsi in ogni anfratto, in ogni crepa di muro di campagna. E questo libro è stato per me una piccola lucertola, come promettono la bellissima copertina e un incipit perfetto:
«Vincenzina Montefiori ha ventitré anni, una – quasi – laurea breve in Lettere, uno scantinato senza riscaldamento in cui vive da tre mesi e sette scatolette di tonno nella dispensa. Ha anche un nome da primi del Novecento, del quale ancora non si capacita, e cinquanta chili scarsi per circa un metro e ottanta di fisico sgraziato.»
Insomma questo racconto breve, veloce e scattante, forse fin troppo per me in alcuni passaggi, si è infilato nelle mie crepe (quelle che forse abbiamo tutti, quelle che stanno sul confine labile tra mondo reale e mondo “oltre”) e mi ha portato nel dark fantasy. Quindi touché, cara giovane autrice. Nel mio caso Alice Cervia ha tirato a sé un’amante del realismo, che più in là del postmodernismo e del realismo magico raramente si era spinta, e l’ha tenuta fino alla fine de La coda delle lucertole, romanzo breve ma denso.
La protagonista ha una laurea breve in lettere da raggiungere e che da breve sta diventando infinita perché il traguardo si allontana sempre più; per “provare a vivere” e mantenersi in un basso in affitto in cui la luce entra solo per sbaglio e il riscaldamento non esiste, fa ricerche genealogiche su commissione. Nella sua casa di famiglia ha lasciato una madre sufficientemente digitalizzata che le scrive messaggi su whatsapp e un padre malato di Alzheimer che ogni tanto le compare improvvisamente davanti chiedendole di aiutarlo a ritrovare le sue origini. Anche il suo vicino di casa, un tipo strano a metà tra il bizzarro e l’inquietante, dal nome biblico di Ruben, le compare spesso davanti, e pure lui le chiede di aiutarlo a rintracciare la storia familiare di Mario, un senzatetto scomparso anni prima.
«[…] i cimiteri le sono sempre piaciuti. Tutte quelle foto, tutte quelle storie. Non li ha mai visti come luoghi di fine, ma di nuovi inizi. Quei corpi lì sotto non li pensa “sepolti” ma “seminati” in attesa di ricominciare. Non una destinazione finale, insomma, ma un luogo di passaggio. Si sente a suo agio tra le lapidi e ci si muove fluida, come tra gli scaffali della sua libreria preferita. »
Vincenzina si trova così a entrare in un tunnel di morti misteriose, in apparenza una catena di suicidi, verificatisi in epoche diverse ma che sembrano comunque legate tra loro, e tenute unite dalla figura di un lanternista girovago parigino vissuto nell’ottocento.
I brevi dialoghi tra Vincenzina e Ruben sono a tratti esilaranti, così come alcune scene di vita quotidiana in cui il reale viene abilmente mescolato al fantastico. L’idea di Cervia è originale, il racconto che ne ha preso forma è come una tempesta di fulmini: secco e veloce. Che alla fine ti morde un pezzettino di inconscio e lo mette sottovuoto, magari proprio in uno degli appositi vasetti di vetro del coprotagonista Ruben, che si scoprirà essere un cacciatore di anime evase.
Leggerlo è sottoporsi a una mini-centrifuga di luci stroboscopiche che lascia un po’ frastornati e con un velo di inquietudine addosso: non troppa né troppo poca, proprio come la misura del libro, a metà tra il racconto lungo e il romanzo breve.
Edizione esaminata e brevi note
Alice Cervia è nata in Toscana nel 1984. Laureata in Scienze politiche, ha lavorato per diversi anni nel settore della comunicazione e attualmente è video production manager per serie animate. Ha pubblicato racconti brevi su “Rivista Blam”, “Coye”, “Piegàmi”, “Bomarscé”, “la nuova carne”, “Rivista Pastrengo”, “Tits’n’Tales”, “Cedro Mag”, “Spore”, “Salmace”, “Nido di Gazza”, “Crack Rivista”. Nel 2022 è stata tra i vincitori del premio “Short Kipple” con Colori Clandestini e del contest letterario “Crimen Cafè” con Vuoti a vendere.
Alice Cervia, “La coda delle lucertole”, AUGH edizioni (collana “Frecce”), pp. 50, edizione marzo 2024
Elena Marrassini. Lankenauta, Agosto 2024
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