Non avevo mai letto niente di Volodine, prima di questo Angeli minori uscito per L’Orma un paio di mesi fa. Perché? Soprattutto, per quale motivo ho smesso di studiare il francese alle medie? Se avessi proseguito lo studio della lingua avrei potuto leggere questo libro in lingua originale alla sua uscita, 17 anni fa. Per la prima domanda la risposta è che erano stati pubblicati solo altri due libri di questo scrittore francese, di cui uno adesso è fuori catalogo, mentre per la seconda il motivo è che delle cose non si capisce l’importanza finché ciò che vivi non ti pone a rifletterci sopra. In ogni caso, a lettura ultimata, queste mi sembrano giustificazioni senza senso per essermi perso i primi 17 anni di vita di questo romanzo. Correte a leggerlo, se non l’avete ancora fatto. Se però siete delle persone che per leggere un libro hanno bisogno di sapere di cosa parla, di come è scritto, del genere cui appartiene, allora temo di dover continuare a scriverne, sperando in qualche modo di perorare la causa della sua lettura. Il testo, di poco più di 200 pagine, è organizzato in 49 brevi brani, ognuno recante come titolo il nome di un personaggio. Questi testi nell’introduzione vengono chiamati “narrat” e ci viene spiegato cosa siano. Ne estraggo un paio di frasi: “In ciascuno di essi, come sopra una fotografia leggermente truccata, si potrà scorgere la traccia lasciata da un angelo. Qui gli angeli sono insignificanti e non sono di alcun aiuto per i personaggi… Chiamo narrat dei brevi brani musicali la cui principale ragione d’essere è proprio la musica, ma anche luoghi in cui coloro che amo possono riposarsi un istante prima di riprendere il cammino verso il nulla.” (pag. 6)
A me viene in mente Pedro Páramo. Ma ammetto che il romanzo di Rulfo torna tra i miei pensieri spesso quando incontro un libro che mi piace in un certo modo, e quindi forse non sono troppo attendibile. Fatto sta che sia Pedro Páramo che Angeli minori sono raccoglitori di storie tolte all’oblio, i loro scrittori i rabdomanti di quelle storie. A proposito di libri dialoganti, solo ieri, in un articolo su di un altro libro, leggevo una citazione che mi è sembrata significativa anche per il romanzo di Volodine. Il libro è I racconti dell’isola, di Giuseppe Sinopoli, direttore d’orchestra scomparso qualche anno fa, e la citazione, che fa parte della postfazione e è tratta dai suoi scritti wagneriani, è questa: “La musica è quantità, misura, nel periodo in cui viene composta o nell’attimo in cui lo strumento stimolato dal musicista, la produce. Qui si compie un salto misterioso: quello che noi ascoltiamo è immateriale, e nell’attimo in cui lo percepiamo sparisce per diventare memoria. La musica è il segno più sublime della nostra transitorietà. La Musica, come la Bellezza, risplende e passa per diventare la memoria, la nostra più profonda natura. Noi siamo la nostra memoria”. Non è forse una sorta di spiegazione, se vogliamo chiamarla così, della musica dei narrat di Volodine? I narrat, che sono musicali, e sono bellezza, passano per diventare memoria. Li leggiamo e entrano a far parte di noi.
Ma di cosa diavolo parla Angeli minori? In parole povere, parla di un mondo post-tutto, in cui l’umanità è ridotta a poche decine di persone, in cui il capitalismo è morto, risorto, e quindi sta morendo di nuovo, in cui ci sono vecchie immortali che sono state studiate in un centro nella steppa più sperduta, e proprio queste vecchie hanno prima dato vita a colui che avrebbe dovuto portare la pace e la fratellanza nel mondo e poi l’hanno condannato a fucilazione senza riuscire a eseguirla e sono rimaste incantate dai suoi narrat, storie a perpetuare la memoria, a ridare vita ai ricordi, i cui personaggi si incastrano l’uno nell’altro e narratori e narratrici si confondono con ciò che viene narrato, in cui il mondo è polveroso e lussurioso, i rapporti tra persone cannibalici, indifferenti, d’amore senza speranza e irriducibilmente speranzoso, dove tutto è così chiaro da diventare confuso e fondersi con chi legge. L’inchiostro delle pagine penetra sotto pelle e dà vita alle storie, e girata l’ultima pagina rimani con tra le mani un libro dalle pagine bianche e nel tuo corpo un mondo intero.
“Si alza, Djimmy Iougriev, un parvenu della nuova era, e per lui come per il resto del mondo la mattina inizia male, fuori soffia un vento polveroso, la capitale è sommersa sotto una grandine sottile, come una volta lo erano i villaggi nel deserto durante la tempesta, al tempo delle oasi, al tempo in cui le dune non si erano ancora spinte fuori dai loro letti torridi per scivolare sopra regioni che erano state prospere e soffocarle fino a farle cedere al dominio incontrastato del nulla, al tempo in cui sulle mappe i nomi dei Paesi avevano ancora un significato, nomi anche molto belli come Ontario, Dakota, Michigan, Čukotka, Burazia, Laos, ai tempi dell’antico sistema di mercato, dei vecchi dollari, dei vecchi campi, e oggi la capitale è sferzata dal vento, contro le case crepita il respiro della terra morente e, quando Djimmy Iougriev entra nel bagno che, malgrado il lusso dell’appartamento, nessuna lastra di vetro isola dagli assalti esterni, la sabbia gli punge le mani e il viso, e lui rimane inebetito, deluso dalla natura friabile della materia, dietro cui percepisce anche la natura fragile della sua stessa esistenza, e poi guarda attraverso il lucernario che dà verso ovest, della città vede soltanto strascichi mobili e marziani, rosso mattone, rosso ocra, e, dopo aver chiuso gli occhi e tossito, poiché lievissime particelle di pietra gli sono scivolate in gola e sotto le palpebre, gira il rubinetto del lavandino e non esce niente, e brontola qualche commento su questa mattinata che comincia male, e la sua mente rimugina su questa idea di inizio restituendogli le impressioni del risveglio, dell’attimo in cui ha smesso di dormire, sentendo la grandine di sabbia contro i vetri…” (pag. 139-140)
Edizione esaminata e brevi note
Antoine Volodine (Chalon-en-Saône 1950) scrittore francese di origini russe. Esordisce nel 1985 come autore di fantascienza per poi costruire una prolifica opera narrativa sotto il vessillo del «post-esotismo», la corrente letteraria che inventa e anima e in cui si mescolano realtà e fantasia, scarto onirico e tensione politica. La sua articolata bibliografia è pubblicata anche con gli pseudonimi di Manuela Draeger, Elli Kronauer e Lutz Bassmann. Tradotto in molte lingue, i suoi testi hanno ricevuto numerosi premi, compresi i prestigiosi Prix Wepler e Prix du Livre Inter assegnati entrambi ad Angeli minori.
Antoine Volodine, Angeli minori, traduzione di Albino Crovetto, L’Orma editore, Roma, 2016
Prima edizione francese, Des anges mineurs, Éditions du Seuil, 1999.
ab, settembre 2016
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