LE LIRICHE
Una donna identificata con la terra, con la natura, con la collina ispira queste liriche.
Una terra buia, misteriosa, non un terreno fertile e accogliente, materno, ma un oscuro mistero.
Il susseguirsi delle immagini naturali ci offre un ritratto simbolico, mitico della figura femminile. Al mistero, all’inconoscibilità di lei...CONTINUA...
Queste dieci, ultime poesie, (otto in italiano e due in inglese) di Pavese sono state trovate alla morte dell’autore in una cartella nella scrivania del suo ufficio nella casa editrice Einaudi. Dattiloscritte, portavano titoli e date di pugno dell’autore, pure scritto dall’autore era il frontespizio “Verrà la morte e avrà i tuoi occhi / 11 marzo – 11 aprile 1950”.
Le liriche, scritte a Torino e a Roma, come si è potuto stabilire grazie all’epistolario, sono dedicate a Constance Dowling, un’attrice americana della quale...CONTINUA...
La casa in collina è uno degli ultimi libri di Pavese, fu pubblicato infatti nel 1949 ed è ambientato durante il periodo della Resistenza nelle Langhe, le colline tra le quali Pavese è nato e dove ha vissuto per lunghi...CONTINUA...
“Il passato è una terra straniera: le cose avvengono in modo diverso da qui”.
È la citazione di uno scrittore di cui l’io narrante non ricorda più il nome.
Il passato è una terra straniera per chi racconta con il senno di poi e guarda come in un film una fase breve e intensa della propria giovinezza, che ha segnato il passaggio ad una più consapevole e attenta età adulta.
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"Un romanzo sul piacere di leggere i romanzi”, queste le parole di Italo Calvino, durante una conferenza tenuta a Buenos Aires nel 1984, per distinguere e definire “Se una notte d’inverno un viaggiatore".
Un romanzo che contiene dieci romanzi: come una matrioska, verrebbe da dire, ma in realtà non si tratta di varie storie una all’interno dell’altra, bensì di romanzi iniziati, e mai finiti, da un ipotetico lettore nel corso di un breve periodo della sua vita.
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Postnovecento. Svoltato il millennio, all’inizio di un’epoca che si colloca oltre il Postmoderno, nasce questa raffinata raccolta di poesie e prose di Patrick Karlsen.
Siamo in un’età proiettata verso un futuro incerto, che potrebbe contenere sia i germi dell’estrema disumanizzazione, sia evolvere, grazie alle tecnologie e alla scienza, verso l’universale benessere.
Coloro che vivono il Postnovecento sono da un lato gli epigoni di un secolo complesso, dall’altro gli iniziatori di una nuova era, tutta da costruire.
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PREMESSA AL TESTO
“Il mio Carso” è un’opera assai frammentaria e dalla genesi piuttosto complessa, è utile quindi ripercorrerne le tappe.
La primissima idea di ambientare nel Carso un’opera venne a Slataper nel 1908-09, ma è solo nel 1910 che l’idea assume contorni più precisi e concreti.
Il primo brano che viene realizzato è La Calata, che Slataper invia subito ad Anna/Gioietta insieme ai versi “Ho voglia...CONTINUA...
Siamo nell’India del VI secolo a.C., Siddharta è un giovane principe, figlio di un bramino, è bello, intelligente e beneamato da tutti, nulla gli manca, eppure egli è costantemente alla ricerca di qualcosa, di un Atman (l’Unico, il principio cui attingere una volta per tutte), di un sapere superiore e soprattutto di una via verso la perfezione e la pace.
Insieme al fedele amico Govinda, Siddharta inizia la sua sperimentazione esistenziale. Dapprima divengono samana, asceti girovaghi, estranei ed ostili al mondo.
“CONTINUA...
Ovvero "Mai fidarsi delle sartine"
Alla folta schiera dei vendicatori cinematografici fino a pochi anni fa mancava giusto una dolce sartina e dal 1980, solo grazie a quel pazzo scatenato di Abel Ferrara, abbiamo rimediato a questa carenza.
Forse non è proprio esatto definire sartina la giovanissima Thana, come hanno fatto ben altri autorevoli recensori, ma il concetto non cambia affatto: stiratrice in una casa di moda, la nostra sfortunata eroina, affetta da un mutismo che amplifica a dismisura la sua naturale timidezza e dolcezza, viene sottoposta dal manager dell'atelier ad attenzioni del cui disinteresse e spiritualità è lecito dubitare.
La povera Thana abita in una New York tentacolare...CONTINUA...
Avevamo lasciato Kay Scarpetta alle prese con un tipino parecchio inquietante: Jean-Baptiste Chandonne, il Lupo mannaro accusato dell’omicidio di nove donne. Aggredita dal peloso, a stento la medico legale è riuscita a salvare la pelle; ma le grane per lei non sono finite.
Chandonne continua a dichiararsi innocente e, malgrado l’aspetto e le poco rassicuranti pelosità, non risulta essere affatto un cavernicolo: il presunto lupo dimostra una sorprendente razionalità. Comincia a farsi largo in Kay una inquietudine: Chandonne è veramente il pazzo omicida autore degli efferati delitti a base di violente morsicature?
L’omicidio di Susan Pless avvenuto a New York prima dell’arrivo accertato di Chandonne...CONTINUA...
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