Adler Katharina

Ida

Pubblicato il: 26 Dicembre 2019

La descrizione ufficiale dell’editore Sellerio relativa a “Ida” è la seguente: “Ida è Dora. La Dora di quello che è forse il più famoso caso clinico di Freud, fondamento della psicoanalisi e, in se stesso, testo narrativo eccelso, che segnò un fallimento che il dottore di Vienna non dimenticherà. Perché Ida dopo qualche mese aveva interrotto la terapia, rifiutando radicalmente la spiegazione fornita della sua «isteria»“. Ida contro Freud, dunque. Chi si avvicina a questo libro si aspetta di conoscere e leggere il tormentato e fallimentare percorso di analisi clinica che il fondatore della psicanalisi ha condotto con la paziente che, nei suoi scritti, decide di chiamare semplicemente Dora. Purtroppo non è così. Nonostante si presenti come un testo legato alla vicenda che ha contrapposto Dora/Ida al dottor Freud, le pagine realmente dedicate allo strano dissidio tra medico e paziente sono pochissime. Molte meno di quanto un lettore, probabilmente, potrebbe attendersi. Quindi, va detto fin da subito che Freud, in questo libro, è poco più di una comparsa, solo una delle tante figure che hanno popolato la vita di Ida Bauer. “Ida”, in pratica, si propone come la biografia romanzata della bisnonna di Katharina Adler, l’autrice, non come la trattazione della vicenda che molti considerano il più grande insuccesso di Freud.

Volendo sottolineare, fin da subito, altri “difetti” dell’opera, ci si potrebbe soffermare sulla scelta non proprio comprensibile di frammentare il testo in una ripartizione temporale scombinata e disordinata che, a ben vedere, non solo non permette una lettura agile e coerente della biografia di Ida, ma non offre alcun valore aggiunto specifico né dal punto di vista narrativo né dal punto di vista dell’efficacia letteraria. Probabilmente sarebbe stato più utile seguire, con semplicità, la linearità del tempo e degli eventi senza complicare invano la vita del lettore. A questo si somma una certa propensione, da parte della Adler, per le descrizioni minuziose e prolungate che, a volte, sanno divenire pedanterie faticose da gestire e superare. Solitamente è sufficiente una quantità di parole inferiore per esprimere esattamente gli stessi concetti.

Il primo capitolo ci racconta Ida nel 1941, al suo arrivo a New York. Ha circa sessanta anni ma probabilmente appare più anziana di quanto possiamo immaginare. Si trova negli USA perché vuole raggiungere suo figlio Kurt, fuggito dall’Europa di Hitler già da qualche anno. Dopo alcune pagine, però, veniamo catapultati indietro nel tempo, esattamente alla fine del 1900 che è poi l’inizio di un secolo nuovo. Ida ha solo 18 anni e vuole riprendersi la sua vita. “Ida uscì dalla Berggasse 19 camminando sul marciapiede. Il portone di legno si richiuse alle sue spalle. Sollevò il mento. Lei, solo lei, avrebbe d’ora in avanti deciso della sua vita. I passanti e il cielo grigio sopra di lei non la interessavano, ma era consapevole di quel suo mento pronunciato. Nessuno più gliel’avrebbe data a intendere, né suo padre, né il dottore, nessun altro potere. L’1.1.1901 sarebbe cominciato con un anno di ritardo il nuovo secolo. 1.1.1901, ripeté in tono solenne, Berggasse 19. Solamente uno e nove sia nella data che nell’indirizzo. Uno e nove. L’alfa e l’omega dei numeri naturali! Era finalmente ritornata in sé, era tornata ai suoi numeri, che non avevano assolutamente nulla in comune con quelli del dottore. Voleva gioire soltanto dei suoi uno e dei suoi nove, e del nuovo secolo“.

Berggasse 19 a Vienna, lo studio di Freud. Ida sceglie di interrompere la terapia psicanalitica che conduce da alcune settimane. Vuole riprendersi la sua vita e smettere di seguire sempre e solo i consigli di suo padre o di Freud. Il lato più intraprendente e dinamico di Ida viene fuori spesso eppure è evidente che nemmeno lei può sfuggire alle convenzioni, ai doveri, alle dinamiche familiari in cui si ritrova incastrata nonostante tutto. È imponente la fatica che doveva costare a una ragazza di buona famiglia, nata nel 1882, il sottrarsi a una serie di tradizioni e obblighi che qualcuno aveva già programmato. Ida è in perenne conflitto con sua madre, soffre per alcune abitudini del padre e si lega in maniera viscerale al fratello maggiore Otto. Ida si ritrova a vivere in un’epoca che, probabilmente, non le appartiene. Patisce il peso del patriarcato, del rigore della cultura ebraica, dell’analisi inefficace del dottor Freud.

Ida, a soli 14 anni, riceve le avances del marito di Pepina, la donna che, come scoprirà amaramente e per caso, è l’amante di suo padre. Il corpo di Ida somatizza e cede irrimediabilmente: tosse, svenimenti, dolore alla gamba, afonia, mal di pancia. Sembra che il suo organismo voglia mostrare a tutti una sofferenza che, invece, è soprattutto interiore ed emotiva. Freud, probabilmente, non capisce realmente i problemi di Ida/Dora e infatti lei non vuole più tornare dal medico che le fa solo domande senza senso e l’ha bollata banalmente come una isterica. Una diagnosi letta da diversi esperti a posteriori semplicemente come misogina. Ida non era isterica, Ida era forse solo schiacciata e frustrata da pregiudizi e convenzioni che non sapeva accettare.

La biografia romanzata scritta dalla Adler, dunque, ci restituisce un ritratto esaustivo e molto preciso di una donna che forse è nata con un secolo d’anticipo. Una persona che ha vissuto cercando di resistere a mille avversità comprese due guerre mondiali. Lo stile di Katharina Adler, come scritto sopra, non coinvolge in maniera totalizzante ed è pervaso da un costante distacco emotivo dai personaggi e dalle loro vicissitudini. Manca un po’ di calore, manca un po’ di sentimento.

Edizione esaminata e brevi note

Katharina Adler, nata a Monaco nel 1980, è pronipote di Ida Bauer. Ha studiato letteratura americana, scrive racconti, saggi e opere teatrali. “Ida” è il suo primo romanzo, nominato per il Klaus-Michael Kühne Prize e il ZDF-aspekte-Literaturpreis.

Katharina Adler, “Ida“, Sellerio Editore, Palermo, 2019. Traduzione di Matteo Galli.

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