“Questi anni hanno scavato rughe sulla mia pelle che delle volte quasi non riconosco. Rughe di lacrime e dolori vicino agli occhi ma anche di sorrisi, tutto intorno alla bocca. Mi hanno frantumato il cuore e ricucito anche, pazientemente, pezzo per pezzo. Questi anni hanno incendiato tutto, e non so come sei riuscito a riconoscermi. Mi scruto anche io in quel riflesso e ho dieci anni di meno, dei pantaloni neri e una maglietta bianca. Meno chili addosso, sono più leggera, dentro e fuori. Sento i capelli che mi toccano le spalle. La vita ce l’ho tutta davanti, i sogni sono così vicini che li tocco con le mani. Siamo immortali, giovani e immortali. I progetti sono lì, splendenti, all’orizzonte, e li guardiamo con allegria perché sono i nostri, nessuno ce li può levare.” (p.111)
Arriverà il giorno in cui soltanto il vento ci farà lacrimare gli occhi.
La battaglia quotidiana, continua e a tratti estenuante, per dare un senso alla vita adulta è un esercizio permanente cui è davvero difficile poter sfuggire, anche solo per brevi istanti. Quando la vita preme e gli impegni incombono, quando l’autodeterminazione di sé non è più solo un discorso individuale, ma contempla un “noi”, quando le aspettative dell’adolescenza vengono disattese, o quando l’imprevisto, la disillusione o la malattia ci investono ancor prima di poter immaginare una possibile controffensiva, ecco che si può cadere. Precipitare così a fondo da non poter più risalire. Bianca Penna, futura psicoterapeuta e letterata romana, classe 1987, nella raccolta di racconti Il profumo dei sogni incendiati, condensa nelle sue dodici brevi storie questa inclinazione ad indagare il microcosmo di comuni individui alle prese con le difficoltà della vita, ma anche con sogni, speranze, ricordi, bilanci esistenziali e la consapevolezza che arrendersi all’ineluttabile, o presunto tale, non è mai la soluzione più idonea. “Don’t give in, without a fight”, cantavano nel 1979 i Pink Floyd in uno dei memorabili pezzi contenuti nel disco The Wall (Hey you), e Bianca Penna sembra aver concepito le sue storie quasi come un prolungamento dell’idea che ispirò quella splendida canzone. È solo una suggestione, naturalmente, ma è chiaro come già dal titolo, l’inclinazione dell’autore – come ci suggerisce di definirla, e sono d’accordo con lui, Domenico Di Tullio nella prefazione – è quella di dar battaglia alla vita e ai suoi imprevisti, di non rassegnarsi allo scorrere delle giornate tutte uguali, né tantomeno ai soprusi che tutti, chi più e chi meno, siamo costretti a subire, come individui ma anche come comunità, come terra d’origine, non solo dall’altro ma anche dalle istituzioni e dalla storia.
Dodici racconti però tutt’altro che monotematici, che si prestano a più livelli di lettura, nei quali si alternano toni sarcastici e irriverenti alla contemplazione e all’analisi, mescolando lacrime e sorrisi, concedendosi note liriche in alcune delle storie più toccanti. Storie di vita vissuta, senza alcun dubbio, che tradiscono una forte componente autobiografica, la quale non stona affatto, visto il contesto scelto, che Bianca Penna riesce a governare con mano salda, nonostante qualche perdonabile ingenuità narrativa e qualche inevitabile ridondanza tematica. Storie di coppie perdute nelle loro routine (La dittatura dei bambini), che si affidano a una vacanza per dare una svolta alle loro vite (Un telo da mare), o che si promettono un futuro migliore tra mille difficoltà (Ogmore by the sea). Storie di ordinaria insofferenza quotidiana, di soprusi, di rovesci della sorte o reazioni inattese (Pagina 100, Amatriciana, Primavera), di legami familiari, ricordi e amore per la propria terra (La zona Rossa, Nontiscordardimè, Gramigna), di viaggio, legami indissolubili e rivolta (Musica, Balleremo leggeri). Storie di amicizia (Soltanto il vento). Tutti i racconti, come ripeto, sono sufficientemente sfaccettati, nonostante la loro brevità; le tematiche portate ad evidenza si contaminano con buona armonia, hanno una piacevole progressione ritmica e riescono sovente a stemperare le sottili ridondanze cui accennavo in precedenza, proprio grazie a questa indovinata fusione di generi ed elementi narrativi. Fusione che non arriva mai a freddo, ma che avvolge empaticamente a più riprese, come nel caso di Musica e Balleremo leggeri, due dei racconti migliori in cui sembra emergere prepotentemente la componente autobiografica, che uniscono i motivi del viaggio a qualcosa di più intenso e profondo che è alla base del viaggio stesso che si è scelto di intraprendere. La Croazia e l’Irlanda, nella fattispecie, divengono nell’ottica dell’autore non soltanto luoghi fisici in cui ritrovar sé stessi, atmosfere, persone, ricordi o motivazioni, ma veri e propri rifugi dell’anima per rielaborare tali suggestioni e proiettarle verso il futuro. C’è sempre un elemento dinamico, un’interazione costante tra radici profonde, evocazioni, promesse e l’ignoto inconoscibile che nasconde il domani. C’è questa evidente disposizione a far bagaglio del proprio vissuto anche quando inequivocabilmente doloroso, nella letteratura proposta da Bianca Penna, la quale denota una invidiabile consapevolezza di sé, vista l’età, che si traduce in maturità espressiva che è certamente derivante dall’esperienza diretta. È una narrazione catartica, per sé ma anche per il lettore il quale non avrà difficoltà a trovare il giusto feedback, ad identificarsi con i personaggi di questi racconti brevi, misurati da un’empatia che raramente va fuori controllo. E non è così semplice come ingenuamente può apparire, il lavoro che Bianca Penna fa su se stessa e di conseguenza sulle vicende che ci propone, come ci spiega la puntuale e lucida prefazione di Domenico Di Tullio, il quale riesce a circoscrivere efficacemente il raggio d’azione di un racconto e le conseguenti difficoltà che ne derivano nel tentare di realizzarlo.
Quasi in controtendenza con larga parte di ciò che l’odierna letteratura italiana ci propone, Bianca Penna sceglie dunque d’indagare il microcosmo a lei – e a noi – più prossimo, quello della famiglia, delle amicizie e degli amori, dei legami profondi che sopravvivono alle distanze, al tempo, alla morte stessa, evitando voli pindarici e mode del momento, andando a toccare la carne viva del tessuto che ci tiene legati e che chiamiamo, per convenzione, società. Società che diventa progressivamente comunità, man mano che si dipanano le storie proposte dall’autore, forse per delimitare il campo d’indagine; più probabilmente perché in una società che tende ad universalizzare tutto e tutti, incatenata mani e piedi al dogma di un benessere-chimera di fatto irraggiungibile per i più, la comunità che si vota ad una causa connotativa e identitaria, anche una soltanto, è un avamposto salvifico irrinunciabile, per chi sceglie di non lasciarsi trascinare dalle onde. “Noi felici pochi”, si potrebbe ben affermare sintetizzando al massimo il pensiero dell’autore. Dove quel “felici”, però, fa tutta la differenza del mondo.
” ‘Do you feel it in the air?’ mi chiede il nostro nuovo amico. Non capisco, sento solo la puzza di bruciato che mi stordisce, anche da questa altezza, anche da questa distanza. ‘What?’. ‘This smell’. ‘Yes…’. ‘You know what it is?’ ‘The flags?’. ‘No…’. mi dice lui. Poi fa un respiro profondo e continua. ‘This is the scent of our burning dreams’. Questo è il profumo dei nostri sogni incendiati. Domani ce li riprenderemo tutti. ‘Irlanda libera!’ urlo io, con tutta la voce che ho in corpo. ‘Tiocfaidh ar la’ mi risponde Roberta. Le sorrido. È per questo che l’ho scelta. Per la vita.” (p.128)
Federico Magi, ottobre 2020.
Edizione esaminata e brevi note
Bianca Penna è nata a Roma il primo agosto 1987. Obliqua, è amante dei libri e delle narrazioni, in tutte le loro forme. Dopo la formazione allo studio Oblique, lavora nel mondo dell’editoria. È psicologa, laureata con lode in Neuroscienze cognitive all’università La Sapienza; si sta formando come psicoterapeuta in Analisi transazionale socio cognitiva all’ifrep. È autrice del romanzo Sui binari del treno (2011) e dello spettacolo teatrale Sera di Giugno (2019), dedicato a Francesco Cecchin. Il profumo dei sogni incendiati è il suo secondo lavoro.
Bianca Penna, Il profumo dei sogni incendiati, Idrovolante Edizioni, Roma, 2020. Prefazione di Domenico Di Tullio.
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